Piccin si firma capogruppo, sconfessata

TRIESTE. Devono esserci storie ancora abbastanza tese in casa Lega Nord se Mara Piccin esterna, in tema di commercio, ancora come «capogruppo» in Consiglio regionale e Gianpaolo Dozzo, sollecitato a un commento, si dice stupito. E non poco. Al punto che sbotta: «Piccin capogruppo? La signora parla a titolo personale», dice il commissario del Carroccio Fvg. Fotocopiato da Massimiliano Fedriga, il deputato triestino che aveva applaudito alla “pulizia” padana dopo il caso dei rimborsi “pazzi” della scorsa legislatura e la conseguente sospensione di Piccin, coinvolta nell’inchiesta, dalle attività del partito. «Dozzo è il commissario nazionale», si limita a ricordare Fedriga allineandosi alla linea del dirigente leghista trevigiano.
Fatto sta che Piccin – altro che passo indietro, ingresso nel Misto e scioglimento del gruppo Lega in Consiglio regionale –, evidentemente noncurante del provvedimento preso dal consiglio Fvg del Carroccio, porta avanti la nota tesi leghista della scorsa legislatura, quella contraria alla deregulation, cavallo di battaglio di quando il partito era in maggioranza e pure in giunta con Renzo Tondo. «Pd e Pdl hanno cambiato idea sul commercio. Bravi. Era ora», afferma via comunicato la capogruppo «piacevolmente sorpresa dall’unanimità con cui la mozione contro le liberalizzazioni selvagge nel settore del commercio è stata approvata. Certo – aggiunge –, colpisce: per cinque anni, la Lega si è sbattuta con mozioni, ordini del giorno, petizioni e ogni strumento possibile per mettere dei paletti a un settore stritolato dalla grande distribuzione. Regolarmente, il Consiglio ci voltava le spalle, salvo rarissime eccezioni. Oggi, scopriamo che una teoria eretica può divenire ortodossia, quasi un dogma. Meglio così. Ma ci aspetteremmo che l’onestà intellettuale prevalesse e venisse riconosciuto il merito a chi ha sollevato il problema e lo ha ripetutamente proposto in aula».
Tutto il contrario di una padana messa all’angolo dalle decisioni del movimento, imbarazzata dalle accuse mosse dalla Procura riguardo al presunto utilizzo personale dei fondi a disposizione del gruppo, pronta a dimettersi. Piccin parla da leghista dura e pura, contraria alle liberalizzazioni selvagge: «Il quadro del commercio è grottesco. Vita privata sacrificata. Equilibri familiari compromessi. E un’esasperazione diffusa, che angoscia commesse e dipendenti. Abbiamo sempre alzato le barricate contro il liberismo sfrenato e lo strapotere della grande distribuzione. Nessuno ci ha seguiti. Oggi paghiamo a carissimo prezzo, dal punto di visto sociale, prima che economico, l’imperdonabile errore di rincorrere una concezione economico–finanziaria fallimentare». E dunque, quando la partita sembra diventare patrimonio trasversale, la capogruppo (ex?) conclude: «Tutti si sono allineati, finalmente. Ma sulla primogenitura di questa battaglia, non ci possono essere dubbi».
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