Pontrelli ko in Cassazione Partita chiusa in Tribunale

Il Tribunale ha messo fine alla querelle giudiziaria della Triestina. Dopo la Corte d’Appello anche la Cassazione ha respinto il ricorso dell’ex presidente Marco Pontrelli contro il fallimento della società, quella che era stata la “sua” Unione Triestina 2012. Un fallimento, come noto, dichiarato a inizio 2016.
Una partita a colpi di udienze, tutt’altro che semplice. Nel 2015 la Triestina, ora affidata alla cordata Biasin-Milanese, versava in uno stato di insolvenza con un debito che viaggiava intorno agli 800 mila euro, con una lunga lista di creditori. Una settantina, si calcola, tra staff tecnico sportivo (che non risultava pagato per l’intera stagione), fornitori e collaboratori. Alcuni in attesa di importi relativamente modesti, di due, tremila euro, altri per cifre che si aggiravano anche attorno ai 40 mila euro.
Pontrelli, dal canto suo, contestava il passivo e la sussistenza dell’insolvenza ritenendo di poter onorare i debiti maturati.
Con la dichiarazione di fallimento, depositata il primo febbraio 2016, il Tribunale aveva disposto anche l’esercizio provvisorio fino al termine della stagione sportiva, in modo da assicurare la continuità gestionale e traghettare la società verso la cessione. In caso contrario, la Triestina avrebbe perso il titolo sportivo con la contestuale esclusione dal campionato di serie D. Un azzeramento, di fatto.
La scelta del Tribunale è stata quindi determinante: l’esercizio provvisorio ha permesso di salvaguardare il titolo e quindi la continuità della categoria. E tutto ciò in carenza di liquidità. Una sfida di non poco conto: bisognava costruire in un paio di mesi un percorso valido per approdare all’asta.
L’ufficio giudiziario, con il lavoro del Tribunale, del giudice delegato Riccardo Merluzzi, del curatore fallimentare Giuseppe Alessio Vernì e del coadiutore legale della procedura, l’avvocato Enrico Guglielmucci, ha quindi messo in piedi una sorta di “pre-gara”: un meccanismo finalizzato all’ottenimento di una cauzione a garanzia della proposta di acquisto. La somma sarebbe stata utilizzata fino alla conclusione della procedura competitiva. L’asta, appunto. Un sistema per certi versi innovativo, considerate le tempistiche strette. La soluzione, tanto più in una situazione di incertezza giudiziaria (Pontrelli aveva impugnato il fallimento), ha permesso di ottenere le risorse sperate: 100 mila euro per la cauzione e l’impegno a onorare all’esito della gara i debiti sportivi, stimati in circa 250 mila.
Al momento della presentazione della proposta non era comunque stato ancora stabilito con precisione il prezzo finale, analogamente al debito sportivo. La cordata Biasin-Milanese si è messa in gioco, si potrebbe dire, a scatola chiusa. Oltre al mantenimento del titolo sportivo, l’intero percorso ha portato al pagamento dei debiti con i calciatori e gli allenatori per circa 180 mila euro. Ma è stato possibile anche raggiungere un piccolo avanzo della gestione provvisoria da impiegare per saldare almeno in minima parte gli altri creditori. La partita, in questo caso, si chiuderà realisticamente nell’arco di tre o quattro mesi. O comunque entro l’anno.
Una battaglia complessa: in questi anni si trattava di ristabilire un rapporto di fiducia con giocatori, staff, fornitori e le istituzioni, tra cui la Figc e il Comune di Trieste. E, naturalmente, la città.
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