Poste, computer in tilt Saltano anche le pensioni

Il nuovo sistema informatico fa le bizze, lunghe file e pagamenti inevasi Sindacati: sportelli attivi al 50%. L’azienda: uffici aperti oltre il normale orario

di Ugo Salvini

Anziani costretti a tornare a casa senza i soldi per poter comperare il pane o pagare la bolletta del telefono. File interminabili davanti agli sportelli, con gli impiegati costretti a giustificare una situazione che ha dell’incredibile nell’epoca dell’informatica. Sindacati di categoria pronti a proclamare lo sciopero per protestare contro uno stato di fatto che mette alla berlina gli incolpevoli addetti al pagamento delle pensioni.

Anche ieri è stata una giornata difficile in tutti gli uffici postali della città. Molti utenti sono dovuti tornare a casa senza pensione e senza soldi. Per gli anziani che aspettano l’arrivo dei primi giorni del mese per incassare quanto loro dovuto e poter così pagare bollette, conti sospesi e l’affitto, ieri è stata una giornata di inutile sofferenza. Alla pari di quanto era avvenuto mercoledì primo giugno e l’altro ieri, i 34 uffici postali di Trieste non sono stati in grado di erogare le pensioni. E l’azienda ha dovuto diffondere un comunicato di «scuse all’utenza per le difficoltà incontrate».

Il colpevole di questo disagio ha un nome: Sdp. È la sigla del nuovo sistema informatico adottato da Poste italiane spa e che, dopo un periodo sperimentale di poco più di un anno, con l’inizio di giugno è entrato in tutti gli uffici provocando un disagio che le organizzazioni sindacali avevano previsto da tempo. «Avevamo denunciato la gravità della situazione nel 2010 – spiega Mirella Iacone, della segreteria provinciale della Cgil Poste – perché eravamo consapevoli delle difficoltà che l’introduzione di questo nuovo sistema informatico avrebbe provocato in quanto non in grado di gestire l’enorme massa di dati». «Non si può utilizzare l’utenza come cavia – incalza Alessia Baiz della Cisl Poste – mettendo i lavoratori dello sportello di fronte alla rabbia e all’esasperazione della gente impossibilitata a incassare la pensione che, in una città di anziani come Trieste, è l’unica fonte di sostentamento per migliaia di persone».

Mentre l’azienda si riserva di fornire con l’inizio della settimana dei numeri precisi relativi ai disservizi, quelli che citano i sindacati sono chiari: mercoledì 1 e venerdì 3 giugno gli sportelli postali della città «hanno lavorato al 50 per cento del loro potenziale» e moltissime delle persone che volevano eseguire una semplice operazione di pagamento o di conto corrente hanno dovuto rinunciare. «Ci sono stati casi nei quali a metà operazione, eseguita col bancomat – precisa la Iacone – il sistema si è bloccato e l’impiegato dello sportello non è stato in grado di garantire se l’addebito fosse stato effettuato o meno».

Come nei giorni precedenti, gli uffici non hanno potuto chiudere all’orario prefissato: l’ordine arrivato dalla direzione nazionale di Poste spa era di continuare fino a esaurimento delle operazioni, e ieri nessuno dei 34 uffici postali del territorio ha abbassato le saracinesche all’orario delle 13.30. «Anche i lavoratori hanno diritto di tornare a casa dalle loro famiglie», riprende la sindacalista Cgil: «Tutti gli addetti, consapevoli della gravità della situazione, hanno fatto lo straordinario, ma oltre un certo limite gli uffici, anche per motivi di sicurezza, devono essere chiusi».

E domani i problemi si riproporranno: in tutti i casi nei quali le chiusure di fine giornata non si sono potute effettuare, e sono la maggioranza, gli uffici dovranno posticipare l’orario di apertura finché non avranno quadrato i conti.

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