La preghiera di Trieste per il migrante trovato morto in Porto vecchio, il vescovo Trevisi: «Restiamo umani »
Venerdì sera la veglia in memoria del 32enne algerino, il cui corpo senza vita è stato trovato mercoledì in uno degli edifici abbandonati usati per trovare riparo

«Non vogliamo che il cuore di questa città si abitui alla solitudine, all’abbandono, alla morte per il freddo. Vogliamo restare umani, e combinare insieme sì sicurezza e legalità, ma anche l’umanità. Ci sono tante tragedie del mondo e non ne dimentichiamo neanche una, ma sappiamo che qualcosa compete anche a noi».

È con un invito all’empatia che il vescovo Enrico Trevisi ha iniziato, questa sera, venerdì 5 dicembre, nella chiesa di Sant’Antonio nuovo la veglia in memoria di Magoura Hichem Billal, il 32enne algerino morto mercoledì scorso nella completa solitudine di un edificio abbandonato del Porto Vecchio a Trieste, e dei tre migranti - Nabi Ahmad e Muhammad Baig, a Udine, e Shirzai Farhdullah, a Pordenone - morti di freddo negli ultimi giorni in Friuli Venezia Giulia, intossicati dal monossido di carbonio sprigionatosi da una brace accesa per scaldarsi nelle notti d’inverno.

L’emozione corruga i volti nella chiesa di Sant’Antonio Nuovo, riempita da semplici cittadini e dai volontari di quelle associazioni che ogni giorno si prendono cura dei migranti.

In prima fila c’è anche il presidente della Comunità islamica di Trieste, Akram Omar, unitosi in preghiera alla Comunità di Sant’Egidio.
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