Psicologo “in dono” a Ematologia clinica

La figura dello psicologo non è ancora prevista stabilmente dall’Azienda ospedaliera nel delicatissimo reparto di Ematologia clinica. E la dottoressa Marzia Rucli, che fornisce il supporto ai malati...

La figura dello psicologo non è ancora prevista stabilmente dall’Azienda ospedaliera nel delicatissimo reparto di Ematologia clinica. E la dottoressa Marzia Rucli, che fornisce il supporto ai malati e ai loro familiari, riuscirà a continuare la sua attività solo per un anno. E solo grazie all’intervento dell’Ail Trieste (Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma onlus) e al recente dono del Rotary Club Trieste Nord, capofila per i Rotary Club delle Province di Trieste e Gorizia, con il Distretto Rotary 2060.

È emerso durante una conviviale del Rotary Trieste Nord in cui il presidente Mario Costa ha spiegato le ragioni della scelta di «aiutare il centro di Ematologia di Trieste, che è piccolo ma molto ben organizzato, assieme al direttore Gianluca Festini e alla dottoressa Chiara Sammartini». Già da un po’ l’Ail Trieste, come ha ricordato la presidente Tiziana Benussi, si occupa di sostenere il reparto «in diversi modi tra cui un servizio interno per informare malati e parenti». Festini, direttore facente funzioni del reparto, ha spiegato che l’aiuto psicologico è «fondamentale» per malati, familiari e anche operatori chiamati ad affrontare e superare gravi patologie ematologiche, dalla leucemia mieloide o linfatica croniche ai linfomi sino al mieloma multiplo, «con spese farmaceutiche molto consistenti pari a 3,3 milioni di euro nel 2015». Il reparto, fondato da Giorgio Paladini, «si occupa sia di degenze che di attività ambulatoriale e dal 2005 ha avuto un enorme incremento passando da 4mila a 14mila pazienti».

Rucli, psicologa e psicoterapeuta con esperienza decennale nell’ambito della psico-oncologia, per dieci ore alla settimana riesce a supportare i pazienti in diverse fasi, da quella a volte difficile della diagnosi fino a quella più tragica del lutto: nemmeno i parenti vengono abbandonati. «Lavoro sempre con l’équipe medica - ha spiegato Rucli - perché così ci confrontiamo per capire che cosa preoccupa il paziente e che cosa ha compreso. Spesso quest’ultimo si rivolge a me con domande che non ha il coraggio di fare al medico e sono di sostegno a pazienti che già entrano in ospedale con depressione o ansia». (b.m.)

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