Pugnalò il rivale in una rissa In aula per tentato omicidio

Si chiama Abase Jawud, 22 anni, afghano, richiedente asilo. È l’uomo che il 6 gennaio ha ferito al torace con un coltello un suo connazionale al termine di una violenta lite in via Giulia. È accusato...
Foto Lasorte Trieste 21/11/06 - Via dell'Istria - Vaticano
Foto Lasorte Trieste 21/11/06 - Via dell'Istria - Vaticano
Si chiama Abase Jawud, 22 anni, afghano, richiedente asilo. È l’uomo che il 6 gennaio ha ferito al torace con un coltello un suo connazionale al termine di una violenta lite in via Giulia. È accusato dal pm Federico Frezza di tentato omicidio. Domani Jawud comparirà davanti al gip Luigi Dainotti. È difeso dall’avvocato Enrico Miscia. Scenario dell’episodio era stato il giardino pubblico Muzio de Tommasini. La lite era stata particolarmente violenta: infatti i carabinieri erano intervenuti in quel luogo in seguito a una chiamata al 112. Quanto accaduto era stato visto da alcuni abitanti dei palazzi vicini. Che, per l’appunto, spaventati e preoccupati, avevano chiesto l’intervento dei militari.


I carabinieri si erano trovati di fronte un afghano ferito gravemente al costato da un’arma da taglio. Lo straniero, Hameed Khan Uriakhil, coetaneo dell’aggressore poi fermato, era riverso a terra in una pozza di sangue. Era stato raggiunto da un unico fendente, secondo le prime ricostruzioni inferto in modo diretto al petto durante una lite tra due gruppetti di cittadini stranieri che si stavano fronteggiando. Il movente, si era poi saputo, era stato un debito di 100 euro di Jawud nei confronti dell’altro.


Dopo avere prestato la prima assistenza al ferito e avere attivato i sanitari del 118 per il trasporto all’ospedale, i carabinieri avevano puntato ai testimoni dell’aggressione, tra i quali un altro richiedente asilo, amico della vittima. Il suo nome è Isahaq Muhhamad. Pure lui era stato ferito dall’aggressore con una bottigliata alla testa. Ma era scappato prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. In breve tempo i militari si erano messi sulle tracce del fuggitivo riuscendo a individuare l’autore dell’accoltellamentoe.


Ma l’afghano autore di questa aggressione, nel frattempo, aveva cercato di nascondersi per sottrarsi alla cattura, rifugiandosi nella sua stanza del centro di accoglienza nel quale viveva. Lo straniero non aveva opposto resistenza ai carabinieri ma si era già liberato dell’arma del delitto. Si tratta - ha ipotizzato nel corso delle indagini preliminari il consulente del pm - di un coltello con una lama di almeno otto centimetri.


A inchiodare Jawud alle sue responsabilità, comunque, erano stati i risultati della perizia disposta dal pm dalla quale era emerso che la coltellata inferta a Uriakhil aveva provocato una ferita penetrante alla parete toracica sinistra che, solo per una casualità, non era stata mortale. «Per cui, così ha scritto il consulente, l’azione era stata idonea ed adeguata a cagionare il possibile «decesso dell’accoltellato». Da qui l’accusa di tentato omicidio.
(c. b.)


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