Pullman turistici: «Dalla Slovenia concorrenza sleale»

Le imprese triestine costrette a sborsare l’Iva quando si recano all’estero per una direttiva europea recepita dall’Italia ma mai applicata qui
Foto Bruni 17.04.13 Gite scolastiche in città-S.Giusto
Foto Bruni 17.04.13 Gite scolastiche in città-S.Giusto

Se una scolaresca triestina, o un gruppo qualsiasi di persone, organizza una gita a Roma con un bus turistico italiano spende 3000 euro. Se invece sale su un pullman sloveno (o austriaco) spende meno. In alcuni casi, anche molto meno. È solo un esempio: i costi possono essere diversi, ma la sostanza è quella. E sta penalizzando soprattutto le imprese triestine di trasporto di persone. Il motivo è semplice, i bus che arrivano dall’estero non pagano l’Iva all’Italia per i tratti di strada (italiana) che percorrono, mente i pullman che vanno all’estero (in quasi tutta Europa) devono essere muniti di partita Iva e sborsare l’imposta a quei Paesi. Una questione non di poco conto. Che permette a loro di “contenere” il prezzo del servizio a discapito dei vettori locali. Un costo maggiore che è dovuto sì all’Iva, ma non solo.

«C’è una direttiva europea del 2010 recepita dal governo italiano - fa notare la Cna Trieste, la Confederazione dell’artigianato e delle piccole imprese - che impone ai pullman per il trasporto di persone il versamento dell’Iva allo Stato estero per i chilometri di percorrenza. La direttiva è in vigore nella maggior parte dei Paesi europei, dalla Slovenia all’Austria, dalla Croazia all’Olanda. Le imprese italiane hanno aperto partite Iva in questi Stati che poi incidono notevolmente sui costi complessivi. In Italia invece non viene applicata la norma europea. Ditte estere vengono in Italia fanno cabotaggio da una città all’altra senza pagare nulla. La “stortura” riguarda soprattutto Trieste che si trova a un passo dalla Slovenia. Ad aprire una partita Iva si spende oltre 1000 euro, e poi ci sono altre incombenze fiscali come la dichiarazione mensile (per la Slovenia e Croazia) o trimestrale per altri Paesi. L’Italia deve applicare la direttiva. Possibile che nessuno si muova, nonostante interrogazioni parlamentari e interventi in Regione?»

«L’Iva è una causa, ma non la sola - sottolinea Enrico Eva di Confartigianato Trieste -. Prendiamo la Slovenia che a Trieste è quella che più ci interessa. Lì la tassazione sul lavoro è inferiore rispetto a noi, come pure più basso è il costo dell’assicurazione e del carburante. Questo fa concorrenza al trasporto di persone a Trieste. Gli sloveni possono così applicare un 20% in meno sul prezzo del trasporto di un bus. Prendiamo, ad esempio, un pullman che parte da Trieste alla volta di Postumia. Per il vettore triestino il costo è di 120 (con Iva pagata anche alla Slovenia, oltre all’Italia naturalmente), per quello sloveno è di 100 (con l’Iva pagata solo alla Slovenia). Capisco allora che alle parrocchie, alle società di calcio, alle associazione convenga affidarsi alle corriere slovene. Anche se poi il servizio è quello che è. E poi c’è la questione dell’Iva; va bene pagarla, ma lo devono fare tutti. Non capisco perché Italia nelle condizioni in cui si trova, non possa attingere per le sue casse anche da questa imposta».

«Tanti nostri autisti - aggiunge Eva - devono lavorare in ribasso. E non parliamo del trasporto di merci, dove la concorrenza soprattutto di romeni e sloveni ormai è fuori controllo. Da tempo le imprese e i sindacati denunciano l’abuso della disciplina europea del cabotaggio, finalizzato a pratiche di concorrenza sleale che stanno fortemente soffocando le imprese virtuose. E per questo hanno chiesto al Governo di attivarsi presso Europea per applicare all'Italia la clausola di salvaguardia, che consente - in presenza di gravi distorsioni di mercato - di sospendere il diritto al cabotaggio terrestre per sei mesi, con possibilità di proroga per altri sei. Le nostre ditte hanno la sede sociale qui in regione, pagano le tasse e lasciano i soldi qui».

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