Quel mito intramontabile dei Bora al raduno spunta uno dalla Svizzera

Al Marina Lepanto il ritrovo dei collezionisti dei motoscafi costruiti a Panzano negli anni Sessanta
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Rivivono ancora una volta i mitici motoscafi Bora, dopo il 18.o Bora day 2019 celebrato con una bella manifestazione promossa dall’associazione Bora Club Italia fondata nel 1999 e guidata oggi dal presidente Omar Zuppan.

Un pezzo di storia della città, orgoglio del cantiere di Monfalcone e della nautica da diporto, sinonimo di velocità e di eleganza, essendo state le prime imbarcazioni lavorate in vetroresina e realizzate su larga scala industriale.

Nel raduno dei Bora, organizzato in collaborazione con Marina Lepanto e il Nautec Marine, dopo gli interventi delle autorità, ci sono stati scambi di esperienze tra nuovi e vecchi appassionati, seguite dalle immancabili visite guidate a bordo.

Imbarcazioni che furono costruiti circa un migliaia di esemplari per un decennio dalla fine degli anni Cinquanta fino al 1972 quando terminò la produzione cominciata dall’ex Crda di Monfalcone e poi dall’Italcantieri, oggi Fincantieri. Oggi queste imbarcazioni non vengono più costruite, ma ci sono tanti appassionati che le curano in modo maniacale e sono diventate oramai pezzi da collezione. Soddisfazione del coordinatore della manifestazione Luca Gregorin.

«Oltre ai nostri soci sparsi nelle varie marine del circondario e della Regione – afferma Gregorin – abbiamo avuto la gioia di ospitare anche qualche socio della Sardegna, dell’Olanda e addirittura anche della Svizzera, non sapendo come un Bora sia finito in terra elvetica. Organizziamo il raduno annuale per tenere vivo questo pezzo indelebile di storia e di motoscafi costruiti su scala industriale con tecnologie in vetroresina. Delle imbarcazioni al raduno del 1964 al 1971– aggiunge – non è che ci siano state barche rare anche perché sono tutte molto curate, rifiniti nei minimi particolari, con pezzi di ricambio originali. È stata una giornata di ricordi, di festa e della valorizzazione della storia del cantiere di Monfalcone e di tutti coloro che vi hanno lavorato. Oggi – dice - possedere un Bora è motivo di orgoglio e di gioia».

L’associazione nell’immediato futuro, ha in programma una mostra in collaborazione con il Comune e il MuCa proponendo una sezione dedicata esclusivamente ai motoscafi storici.

L’amministrazione ha anche assegnato una sede all’associazione, quindi un posto dove trovarsi per le attività. «Il nostro obiettivo – afferma Gregorin – è quello di mantenere viva la storia del nostro cantiere e se possibile, anche se è difficile, fare un censimento dei Bora che sono sparsi sul territorio nazionale». Si era innamorato dei Bora, così tanto da acquistarne uno, anche l’indimenticato Mike Bongiorno, arrivato in quegli anni in cantiere per rendersi conto da vicino di questo meraviglioso gioiello del mare dalla linea elegante, veloce e che aveva segnato un’epoca.

La costruzione era iniziata dopo la chiusura delle officine materiale ferroviario ed aeronautico.

La lavorazione della vetroresina, materiale avveniristico convinse, infatti, la direzione a creare il nuovo reparto materiale plastico, che aveva come obiettivo di impostare un’attività produttiva nell’ambito delle imbarcazioni di salvataggio e da diporto in vetroresina.

Dapprima nasce il Borino, quindi il Bora, mentre nel 1962 s’imposta uno scafo con carena a spigolo che ottiene notevoli vantaggi prestazionali e d’autonomia. Nasce così il Bora 2 che è il capostipite di un’evoluzione che si ferma nel 1972, data in cui il reparto chiude, poiché non più compatibile con le attività del cantiere orientato a costruire le grandi petroliere. —



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