Quella vita senza “Biba” e il coraggio di mamma: un aiuto ai genitori orfani

la storia gradisca«Il sub si immerge per guardare. L’apneista lo fa per guardarsi dentro». E doti da apneista, le stesse che appartenevano a suo figlio, Manuela Zorzato ne ha dimostrate parecchie. È...

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«Il sub si immerge per guardare. L’apneista lo fa per guardarsi dentro». E doti da apneista, le stesse che appartenevano a suo figlio, Manuela Zorzato ne ha dimostrate parecchie. È la madre di Federico Michele Bassanese, l’apneista di Gradisca d’Isonzo – ma molto conosciuto anche a Duino, dove aveva vissuto – tragicamente morto annegato nel 2014, nelle acque di Lussinpiccolo. Lì stava trascorrendo una vacanza spensierata con la fidanzata, quando all’improvviso le acque del Quarnero lo hanno restituito senza vita.

Un apneista esperto, un ragazzo innamorato della vita. Un giovane di appena 23 anni. E proprio “Ventitrè anni per sempre” è il titolo del coraggioso libro che mamma Manuela ha dato alle stampe al culmine di un lunghissimo, infinito percorso di elaborazione del dolore, del lutto, delle emozioni e dei ricordi. Il volume sarà disponibile in una data molto particolare: domenica 26 agosto, quarto anniversario della scomparsa di “Biba”, al termine della messa in suo suffragio che sarà celebrata alle 19 nella chiesa del Duomo di Gradisca.

Quello di un genitore che perde un figlio, tanto più in maniera improvvisa, tragica e persino poco limpida com’è successo a Federico (avrebbe potuto essere soccorso da un misterioso natante scomparso dopo avere dato l’allarme, come successivamente avevano stabilito dalle indagini?), è un dolore che conosce ben pochi eguali. «Con questo libro essenzialmente sento di aver fissato su carta tutto ciò che mi ha attraversato in questi 1461 giorni senza Federico – racconta Manuela Zorzato –. Sento di aver dato un posto a ogni emozione, a ogni dolore, a ogni situazione vissuta sin qui. In un certo senso è come se avessi messo al mondo mio figlio un’altra volta».

Nel libro c’è tutto: la tragedia, quei momenti convulsi e struggenti, la scarsa pietas delle autorità croate, il dolore degli amici e della fidanzatina Marta, l’ultima a vedere Federico in vita e capace di “prestargli” la voce e gli studi discutendo al posto del suo amore perduto la tesi per la laurea in Economia e commercio internazionale e Mercati finanziari all’ateneo di Trieste. C’è il prima, l’amore per il mare, la passione e competenza per l’apneismo, e c’è il dopo: i segni di una presenza invisibile eppure certa, c’è il coraggio di una mamma che ha lottato per mettere assieme tutti i pezzi di un doloroso mosaico, la dignità di una famiglia (il marito Sandro e la sorella Giorgia), la “sfida” della fede e di un mistero così grande. Questo piccolo racconto è tutto narrato al verbo presente ed è la cosa che più ha colpito Giorgia quando l’ha letto. Non è un caso, è intenzionalmente così perché Federico non “era” ma «è e non smetterà mai di essere, anche se riuscire a dare un senso ai tempi verbali è stato piuttosto complicato – dice Zorzato –. Ora riesco a vederlo non con gli occhi ma con il cuore, con la fiducia che lui non ha smesso di esistere solo perché non lo posso toccare. E se con questo racconto potessi essere di conforto ai tanti, troppi genitori “orfani” che sono in giro per l’Italia, ne sarei felice». —



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