Rientra l’allarme sul catasto delle grotte

«Non ci sono e non ci saranno ipotesi di spostamenti da Trieste a Udine della struttura che si occuperà del catasto delle grotte». La dichiarazione dell’assessore alla Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro fa rientrare nel giro di poche ore l’allarme lanciato ieri mattina durante l’audizione dei capigruppo in Comune. La speleologia triestina può tirare un sospiro di sollievo per la riforma del catasto regionale delle grotte che ha destato nell’ambiente non poche preoccupazioni. Già approvate dalla giunta regionale le linee guida, si va ora verso il disegno di legge “Tutela e valorizzazione del patrimonio geologico e speleologico regionale” che dovrebbe essere approvata entro l’anno prossimo.
Spiega Rossana Giacaz, della Cgil Funzione pubblica, che ieri in commissione ha lanciato l’allarme: «Le preoccupazioni sono emerse a fronte della composizione del tavolo di esperti convocati il 7 settembre per i lavori della nuova legge, che non è sembrato valorizzare la speleologia triestina, considerato che 800 dei 1200 speleologi della regione appartengono alla nostra città e che nessun altro territorio come il Carso triestino presenta una tale densità di grotte concentrate in aree ad alta antropizzazione».
Prosegue Giacaz: «Perché il conservatore del Catasto regionale delle grotte - il prof. Altobelli dell’Università di Trieste - non è stato invitato al tavolo dei lavori, così come non è stato convocato il direttore del Museo di storia naturale di Trieste mentre l’omologo di Udine era presente?».
Nervosismo accresciuto anche dal fatto che la gestione del Catasto regionale delle grotte è affidata da decenni a organismi del mondo della speleologia, attraverso convenzioni periodiche con la Regione. Attualmente la gestione è della Federazione speleologica Fvg con una convenzione che scade il 31 dicembre, e che nel caso quest’anno non fosse rinnovata costerebbe due posti di lavoro.
È difficile capire le preoccupazioni a meno che non si voglia andare indietro nel tempo: la speleologia italiana è, in qualche modo, nata a Trieste e la nostra regione è stata la prima a dotarsi, cinquant’anni fa, di un catasto delle grotte con la legge regionale 27 del 1966. Commenta Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica regionale e triestina: «Il catasto delle grotte è nato a Trieste ancora ai tempi di Boegan. Speleologi e catasto sono legati e anche nella nuova legge gli speleologi dovranno essere le figure primarie che continueranno ad implementarlo».
Si devono anche considerare i pesanti tagli che nel clima generale di austerity hanno colpito la speleologia triestina, che si regge sul volontariato: sono i volontari che puliscono le grotte usate per decenni come discariche e sono sempre loro a monitorare la situazione dell’inquinamento ipogeo, aggiornando costantemente i dati del catasto, attività che ha dunque anche un’importanza scientifica diventando punto di riferimento per le altre regioni. Grazie ad essa conosciamo quasi 8mila grotte nel territorio regionale, di cui 3.800 solo nella provincia di Trieste, 25 delle quali assoggettate a tutela paesaggistica in virtù delle eccezionali caratteristiche di interesse geologico, preistorico e storico.
«L’ultimo confronto sul tema della riforma del catasto delle grotte - dichiara l’assessore Santoro - si è tenuto a settembre, e i contatti con il mondo speleologico da parte della struttura regionale sono costanti. Proprio perché conosciamo la storia, la passione e le competenze dei professionisti e dei volontari del mondo speleologico - conclude - confermo la disponibilità della Regione a un confronto con tutti, in vista dell’elaborazione del disegno di legge di riforma del settore». Marco Toncelli, capogruppo Pd presente in commissione, commenta: «Stando alle intenzioni attuali della Regione, giudico gli allarmismi infondati e inutili, e spero non siano correlati al clima da campagna elettorale che per molti è già entrata nel vivo».
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