Rientrato in patria il migrante algerino morto sull’altipiano



La salma di Bendisari Sidahmed, il migrante di 30 anni morto il primo gennaio mentre cercava di attraversare il confine italiano, è stata trasportata in Algeria, suo Paese natale. Negli scorsi giorni sono stati celebrati i funerali ad Aïn Témouchent, nella parte Ovest dell’Algeria, la città originaria del giovane, dove è tornata anche la moglie, Fatima Zahra Belmokhtar, 27 anni. La donna era rimasta alla Caritas, nella struttura del Teresiano, per dieci giorni. Per lei era stata messa a disposizione un’operatrice 24 ore su 24, che l’ha assistita in tutte le pratiche da affrontare, accompagnandola anche all’obitorio. Nel capoluogo giuliano l’hanno raggiunta anche i parenti, che hanno pernottato in un hotel, sempre ospiti dell’ente ecclesiastico. Venerdì scorso poi Fatima e i famigliari hanno lasciato la città per raggiungere dapprima Milano, dove si trova il consolato algerino.

Nonostante alcuni triestini si fossero offerti di saldare il costo del viaggio, è stato lo stesso consolato poi a occuparsi dell’organizzazione e del pagamento del rientro in patria della salma, attraverso un’agenzia di pompe funebri islamica di Padova. «Durante la loro permanenza da noi a Trieste però - sottolinea don Alessandro Amodeo, il direttore della Caritas – nessuno della comunità islamica si è fatto vivo con noi, nemmeno con una telefonata. Ci siamo occupati interamente dell’accoglienza e dell’assistenza della donna. Non c'è stata alcuna vicinanza morale e spirituale alla ragazza, nessuna consolazione.

A rispondere a don Amodeo è il presidente del Centro islamico di Trieste e della Venezia Giulia Saleh Igbaria. «Non ci siamo occupati direttamente della questione – evidenzia - perché sono stato fermato in anticipo da un fratello algerino che fa parte dell’Unione delle Comunità Islamiche d'Italia«. La situazione, spiega, è stata gestita dal consolato algerino di Milano. «Io, quando è successo il fatto, non ero qui. Appena rientrato, mi sono rivolto alla Questura, ho chiesto che cosa potevo fare. Poi mi è stato detto che il consolato dell’Algeria si era rivolto direttamente alla presidenza dell’Algeria e che l’ambasciata si sarebbe presa in capo tutta la responsabilità per far rientrare la salma. Io non potevo mettermi al di sopra della presidenza algerina. Ringrazio però la Caritas e tutta la comunità italiana». —



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