Rixi: «Al via entro l’anno l’investimento ungherese per il nuovo terminal alle Noghere»

Il vice ministro a Infrastrutture e Trasporti: «Garantite risorse e soluzione delle procedure. In atto una trasformazione del ministero per avere strumenti operativi in tempi rapidi»

Giulio Garau
Il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi al Forum Risorsa Mare organizzato da The European House - Ambrosetti a Trieste. Foto Lasorte
Il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi al Forum Risorsa Mare organizzato da The European House - Ambrosetti a Trieste. Foto Lasorte

TRIESTE «Tra poche settimane si va a chiudere il progetto di investimento dell’Ungheria sul porto di Trieste, entro fine anno partiranno gli investimenti. Abbiamo garantito sia le risorse che la soluzione delle procedure. Ieri mattina c’è stata la conclusione dell’iter» in vista del nuovo terminal da realizzare alle Noghere.

Ad assicurarlo - nell’ultima giornata del Forum Risorsa Mare organizzato da The European House - Ambrosetti a Trieste - è stato il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi. «Il Porto di Trieste in questo momento è centrale sullo sviluppo del traffico con l’Est Europa e l’area baltica - ha aggiunto - per noi è importante potenziarlo e dare risposte sia agli ungheresi che agli investitori di Amburgo che hanno manifestato un interessamento».

Vice ministro, qual è la sua opinione sulla riforma dei porti annunciata dal Piano del mare e che effetti avrà su Trieste?

«Qualsiasi riforma deve essere discussa e concordata tra maggioranza e opposizione, soprattutto quella sui porti. Credo ci sia la necessità di avere sempre di più delle leve nazionali per coordinare tutti i tipi di attività lasciando ai singoli scali un’autonomia molto forte di condivisione della programmazione con le realtà locali, perché noi abbiamo porti inseriti in contesti particolarmente complessi».

Trieste come si pone in questo quadro?

«Fortuna vuole che si trovi nella parte orientale dell'arco alpino, quella che in questo momento ha meno disagi dal punto di vista infrastrutturale. I problemi più grossi li abbiamo sull'arco tirrenico e su buona parte dei porti del centro e sud Italia. È evidente però che dobbiamo pensare a una situazione logistica nazionale complessa, che riesca a mettere in servizio le buone pratiche, che non si fermino in una singola autorità portuale ma riescano a contaminare il territorio nazionale: ci sono porti altamente digitalizzati e altri no. Servirà poi una condivisione a livello europeo, perchè l’Italia ha più ponti e gallerie che il resto d’Europa. C’è poi in atto una prima trasformazione del ministero: a ottobre saranno attive due direzioni che si occuperanno della parte portuale, una per tutta la parte trasporti, e una per porti e logistica: ci dobbiamo dotare di strumenti che siano operativi in tempi rapidi».

Sui porti, l’allarme è stato lanciato anche dal presidente dell’Authority Zeno d’Agostino, incombe l’ombra dell’Autorità di regolazione che rischia di sottrarre le competenze alle singole Autorità di sistema.

«Non è un problema di togliere competenze. Faccio un esempio: ci sono porti in grado di fare certi tipi di progettazione, altri no. Il porto è una struttura pubblica, non economica, rigida, che non può assecondare il mercato che è fluttuante. Cambiano le esigenze e ora più che mai abbiamo bisogno o di una maggiore capacità a livello ministeriale - ma con le attuali norme la gestione del pubblico impiego è impossibile: ci vorrà tempo per riformare - oppure, dunque, di avere un ente che coordini le attività e che riesca a risolvere a livello locale i problemi che non si riescono a risolvere perchè non c’è capacità tecnica o programmatica».

E quindi per quanto riguarda il Porto di Trieste?

«Il Porto di Trieste è sicuramente un esempio virtuoso a livello nazionale, ma non a caso noi queste questioni le gestiamo anche con chi oggi gestisce le Autorità di sistema. Ma dobbiamo anche capire che a livello nazionale gli investimenti che programmiamo, sulle ferrovie e le autostrade, dobbiamo farli coerentemente con le banchine che intendiamo ampliare: non ci può essere una situazione dove si fanno strade che restano deserte, e non si fanno dove servono. Abbiamo bisogno di efficientare il sistema decisionale. In un mondo sempre più digitalizzato non è pensabile il fatto di non riuscire a comparare i bilanci delle varie Autorità di sistema perché alcune sono digitalizzate e altre sono indietro di vent’anni».

Pensa che l’Emission trading system, direttiva europea che ha inserito il trasporto marittimo nel sistema di scambio di quote d’emissione con la relativa tassa, danneggerà la portualità?

In due anni l’Europa mediterranea perderà dai 5 ai 10 milioni di container a vantaggio dei porti africani, Tanger Med e Port Said, e penalizzerà i porti europei del Mediterraneo. Gioia Tauro in queste ore rischia di perdere i traffici a favore dell’Africa. È assurdo che noi esentiamo i porti africani dalla tassa, mentre la facciamo pagare alle stesse tipologie di porti in ambito europeo mediterraneo. O si estende la tassa almeno sul transhipping diretto ai porti europei anche a Port Said e Tangeri, oppure si esentano i porti europei con le stesse caratteristiche».

Un commento sull’Opa di Msc per il 49,9% di HHla?

«Sono scelte di libero mercato che non commento, il problema è un altro: a livello mondiale ci sono sempre più navi e sempre meno armatori. Dobbiamo dialogare».

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