Sanatoria negata, il Tar sconfessa il Comune

C’è un privato che bussa in Municipio per una sanatoria edilizia, l’amministrazione comunale gliela nega sostenendo d’essersi allineata ai principi delle Belle Arti, benché alla Soprintendenza nulla osti. Il privato allora bussa al Tar, che gli dà ragione sentenziando che il Comune non può sostituirsi alla Soprintendenza. Morale: la sanatoria arriva per via giudiziaria. E un’altra causa viene vinta dunque al Tar da un ricorrente che reclama un permesso (che qui è postumo) di natura edilizia. Solo che, stavolta, la Soprintendenza nulla c’entra. Anzi, a vedere le carte non s’è neanche costituita in giudizio. Ma andiamo con calma. Il privato è la Fondazione Brovedani di Raffaele De Riù, titolare dell’Igea al civico 29 di via Valdirivo, che ha chiesto al Comune e ottenuto dal Tar (con un ricorso presentato dall’avvocato Giuseppe Sbisà) la sanatoria che voleva. Oggetto: un’infilata di 13 finestre dai serramenti cambiati, da legno ad alluminio, in un’altra proprietà che si trova al terzo piano dello stabile a fianco, al civico 31. Proprio qui, ancora nel ’99, la Fondazione Brovedani aveva sostituito appunto 13 “scuri” . Diverso materiale, colore similare (sul bianco). Passano dieci anni e l’istituto chiede l’accertamento di conformità al Comune e alla Soprintendenza, essendo piombato nel frattempo sull’immobile un vincolo d’interesse culturale. La Soprintendenza prende atto dell’istanza e se ne chiama fuori, poiché il cambio dei serramenti è avvenuto prima del vincolo. Sollecitata dal Comune ricorda solo le proprie «linee guida, e segnatamente la preferenza accordata al restauro con manufatti aventi le medesime caratteristiche costruttive originali». A quel punto - ricostruisce la storia la sentenza del Tar - lo stesso Comune rigetta la domanda di sanatoria «per contrasto con il Piano colore e per il parere negativo della Commissione Paesaggio che, uniformandosi alle linee guida della Soprintendenza, prescrive la sostituzione degli scuri in alluminio con serramenti in legno analoghi ai precedenti». Ma il Piano colore - ricorda la sentenza - nella parte presa in conto è stato già sconfessato anni prima dal Tar. Non solo: «all’amministrazione comunale compete esclusivamente la verifica del rispetto degli strumenti pianificatori urbanistici» e «la conservazione dei beni di interesse culturale compete alla Soprintendenza. Non spetta all’ente comunale surrogarsi all’organo ministeriale, facendo rientrare surretiziamente nel proprio provvedimento ragioni che esulano dal profilo strettamente edilizio-urbanistico». Permane alla Fondazione l’obbligo di rispettare solo la parte del Piano colore non annullata a suo tempo dal Tar, «che impone uniformità nei serramenti di una facciata». E, chiude la sentenza, in via Valdirivo 31 «i nuovi serramenti presentano le medesime caratteristiche estetiche dei precedenti».(pi.ra.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo