Scaricava migliaia di film porno in ufficio

Licenziato dall’Insiel e in aula con l’accusa di avere venduto i cd dei video. Dal suo computer il 70 % del traffico internet del reparto
TRIESTE
. Rovinato da Internet e dalla possibilità offerta dalla rete di scaricare sul pc filmati hard, a luci rosse.


Maurizio B. 48 anni, per questa sua ”passione” esercitata quasi a tempo pieno anche sul posto di lavoro, è stato licenziato dall’Insiel, ha perso la moglie, che lo ha lasciato portandosi via i figli, e ha dovuto ”disintossicarsi” dalla sua ossessione in una struttura sanitaria pubblica.

La sua Odissea sembrava finita. Invece la Procura della Repubblica lo ha rinviato a giudizio con l’accusa di aver venduto i file dei filmati pornografici scaricati dalle rete e masterizzati in migliaia e migliaia di compact disc e Dvd. Il protagonista di questa storia li conservava in alcuni scatoloni di cartone, riposti sotto la sua scrivania nell'ufficio di via San Francesco in cui ha sede la società di informatica regionale. Lì li hanno trovati, sequestrati, numerati ed esaminati i militari della Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta avviata dal pm Lucia Baldovin. C’era il sospetto che in quei filmati fossero registrate anche scene di pornografia infantile. «Invece non hanno trovato nulla di tutto questo», ha spiegato il difensore, l’avvocato Luca Maria Ferrucci. «Il mio assistito non ha mai regalato, venduto o ceduto questi filmati: era un collezionista, ossessionato dal possesso del maggior numero possibile di riprese. Il suo computer all’Insiel era collegato giorno e notte alla rete...»


Una conferma è venuta dal pm Giovanni Lombardi che al termine della requisitoria ha chiesto che l’imputato fosse condannato a dieci mesi di carcere e duemila euro di multa. «Il 70 per cento del traffico Internet di quell’ufficio dell’Insiel finiva sul computer di Maurizio B.»


Per riportare la discussione in un ambito meno penalizzante per il suo cliente, il difensore ha citato come testimone lo psicologo che ha avuto in cura l’imputato per quasi quattro anni, fino allo scorso 31 agosto. Per poter riferire al Tribunale il contenuto dei colloqui, il dottor Luciano Lippolis è stato liberato dal segreto professionale. «Stava male, molto male. Era in preda alla depressione, all’ansia, alla sfiducia. Poteva vedere poche volte i figli, si trovava coinvolto in vicende giudiziarie con la moglie, sia a Trieste, sia a Venezia. Per questo si era rifugiato nel computer e aveva iniziato alcune relazioni attraverso le chat. Voleva dare un senso al suo presente, fornire informazioni, scambiare idee. Talvolta si presentava come una donna. È vero che scaricava sul posto di lavoro film dalla rete ma non mi risulta che ricevesse compensi, non c’era fine di lucro ma solo quello di condividere qualcosa con un altra persona. Affrontava la sua depressione chattando e scaricando film pornografici. Si intratteneva in ufficio anche dopo l’orario di lavoro e accatastava migliaia e migliaia di filmati in numerosissimi scatoloni».


Ai compagni di stanza e di ufficio questa attività frenetica non era sfuggita. Anzi aveva suscitato parecchi interrogativi. Lui, per non scoprirsi ulteriormente, aveva raccontato che quei Cd e Dvd con scene hard li vendeva e ne ricavava qualcosa. L’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza non ha trovato né prove né indizi di questa attività commerciale. Maurizio B. è finito comunque sotto processo e ieri il giudice Giorgio Nicoli ha deciso di approfondire l’aspetto delle presunte vendite. Sarà sentito a marzo un altro testimone. Se dovesse confermare quanto è già emerso, l’imputato dovrà necessariamente essere assolto. Dei filmati a luce rossa Maurizio B. ha fatto solo un uso personale. Non c’è reato.

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