SE A SCUOLA SI MANCA DI RISPETTO

È in corso un dibattito sul rispetto degli studenti verso l'insegnante, e in particolare se quelli debbano alzarsi in piedi quando questo entra in classe. Non interverrei se non avessi visto l’altro giorno che il principale giornale dell'area Pd ha preso una posizione contraria. Dice che si tratta di un rispetto formale, che quel che conta è la sostanza, che bisogna vedere se gli insegnanti sono davvero rispettabili, che il rispetto sta nella stima, e così via.


Mi permetto di dissentire su tutta la linea. Sono anzi sorpreso che un dibattito del genere sia nato, davo per scontato che anche oggi, quando entra in classe il professore, tutti i ragazzi si alzassero in piedi, in tutte le scuole, pubbliche e private. E si sedessero solo dopo che s'è seduto l'insegnante. L'obiezione: "Ma bisogna vedere se l'insegnante se lo merita" è disfattista, mina il funzionamento della scuola. Bisogna vedere da parte di chi? L'insegnante è lì perché una graduatoria fissata dallo Stato gli assegna quel posto, e questa graduatoria comprende tutto, dagli studi universitari agli esami post-laurea e ai concorsi.


Salutando il tuo insegnante, tu non rispetti lui ma tutto ciò che lui rappresenta. Se un soldato non saluta un superiore, non manca di rispetto al superiore ma alle stellette che il superiore porta sulle spalline e sul bavero, e che indicano l'esercito e lo Stato. Anche il soldato porta le stellette: sono il segno dell'appartenenza all'esercito. Il soldato che non saluta il superiore manca di rispetto "a se stesso". Qui mi fermo, perché ho fatto un errore: ho indicato come dietro il superiore che saluti ci sia ciò che il superiore rappresenta, in definitiva lo Stato. Parola altamente squalificata, dal '68 in poi.


Dal '68 è nata una scuola rovesciata, in cui il sapere non veniva più da chi insegnava ma da chi apprendeva: si sosteneva che chi insegna impara da chi apprende, e che ogni insegnante è allievo dei suoi allievi. Giovanni Sartori, che era andato a insegnare nelle università americane perché qui in Italia le studentesse venivano a sentire la lezione portandosi dietro i cagnolini, che poi lasciavano sotto i banchi gli appunti della loro pipì, in un duro confronto con gli studenti che pretendevano la parità ribatteva: "Ma perché non volete ammettere che tra voi e chi v'insegna c'è una differenza di sapere?".


Quella differenza per cui uno sta in cattedra e gli altri sui banchi, una differenza per la quale gli studenti non devono essere offesi ma grati. L'alzarsi in piedi degli studenti quando entra l'insegnante, è un segno di rispetto per quella differenza. E oggi si fa questo discorso sul rispetto perché il rispetto è quello che nella scuola manca. La ragazza che mostra l'ombelico e l'incipit del sedere, il ragazzo che mangia-beve pizzetta-birretta durante la lezione, il bullo che sfotte la professoressa con battute oscene, i telefonini che squillano mentre il professore parla, sono tutte prove di una mancanza di rispetto che non si sa a che livello bloccare: Tremonti pensa di bloccarlo il più a monte possibile, e cioè istituendo l'alzabandiera alla mattina.


Mi sembra una casermizzazione della scuola, e ho paura che alzare la bandiera nella scuola così com'è significhi commettere un reato di oltraggio alla bandiera. Me ne guarderei bene. La scuola non è un carcere, dove ci vuole un regolamento. È una famiglia, dove s'insegna l'educazione. I figli riescono nella società a seconda di come li educhi in famiglia. La mancanza di rispetto non permette di distinguere a scuola i bravi dai cattivi, tutti scendono ai livelli del rendimento più basso. Il merito non si vede, e quindi non viene premiato. È il male di tutta la nostra società, si avanza per raccomandazioni perché il merito non vien fuori. Se vogliamo guarire la società, cominciamo dalla scuola. È ora.
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