Semafori o rotatorie? I pro e i contro della scelta

Negli ultimi tre anni a Gorizia molti incroci hanno detto addio al tradizionale semaforo per lasciare spazio a nuove rotatorie. Ad una prima esperienza, gli automobilisti si sono trovati spaesati. Sembra che creino più disagi che vantaggi.
A Gorizia negli ultimi anni è aumentato il numero di rotatorie, o rotonde. Queste nuove soluzioni di viabilità dovrebbero sveltire il traffico. Evitano che una macchina si fermi per lungo tempo, come davanti ad un semaforo rosso. Il risultato? Annullate le consuete “code”.
Nelle nuove rotatorie goriziane però il problema non è risolto, anzi peggiorato. Nelle ore di maggior traffico, sulle vie che si immettono in questi nuovi incroci, si creano lunghissime code. «È chiaro che la rotonda cittadina ha fondamentalmente questo problema: non hanno grande spazio» spiega l’ingegner Paolo Fornasiere, responsabile del servizio di manutenzione del Comune di Gorizia, che ha curato la parte progettuale e tecnico-esecutiva della loro realizzazione. La costruzione delle rotonde in città non è certo casuale. Come spiega l’ingegnere, sono state previste sin dal 2001, nel Piano urbano del traffico. Ma la loro realizzazione così come era stata concepita avrebbe previsto un costo non indifferente per opere come la modifica fisica della strada, dei marciapiedi e delle aiuole.
Negli ultimi anni si è deciso di costruirle ad un costo più basso, con materiali riciclati o con isole spartitraffico provvisorie.
«Noi monitoriamo per un certo periodo la situazione una volta realizzata una rotatoria – continua Fornasiere - anche perché il piano è molto vecchio e spesso si è dovuto modificare il progetto perché i flussi di traffico sono cambiati». «Alcune – ribadisce - avevano delle problematiche già in fase progettuale, principalmente di spazio.» Queste rotonde non sono quindi da considerare definitive: «L’idea – dichiara Fornasiere - è quella di realizzarne il maggior numero possibile per velocizzare il traffico.»
Per alcune, quando verrà fatta la versione definitiva, si cercherà di risolvere qualche problema di spazio, «magari ricavando due corsie d’ingresso.» «Le rotonde previste vengono spesso modificate, gli ingressi possono essere spostati» a seconda delle nuove esigenze di traffico. Le modifiche al traffico cittadino avvenute rispetto al piano del 2001 sono notevoli, dovute anche all’apertura del confine con la Slovenia.
Nonostante tutte le problematiche legate alla mancanza di spazio, dai monitoraggi successivi alla modifica di un incrocio si è sempre notato un miglioramento della velocità di scorrimento.
Sarà necessario prendere la confidenza sufficiente. Se poi ogni automobilista imparerà a gestire bene la propria circolazione sulla rotatorie, le “code” si ridurranno. Se ad esempio tutti mettessero la freccia per uscire, gli automobilisti in entrata dovrebbero attendere tempi molto più brevi.
«Il vantaggio, sul quale ci sono documentazioni scientifiche, è che dal punto di vista della sicurezza le rotatorie sono meno pericolose perché innanzitutto la rotatoria impone di ridurre la velocità, e poi non si potranno mai avere scontri ortogonali o frontali» è la risposta dell’ingegnere riguardo alla sicurezza delle rotonde.
Gli unici rischi legati alla rotatoria cittadina sono quelli che riguardano i ciclisti: per loro entrarci è spesso pericoloso. Gli automobilisti generalmente si dimostrano noncuranti nei confronti delle biciclette, che si limitano a sorpassare lasciandole sulla destra. In una rotatoria invece, dove si mantiene generalmente una velocità non molto inferiore, una bicicletta ha la necessità, come un’automobile, di poter entrare, girare e uscire ma, spesso, gli autisti non se ne curano e spesso tagliano loro la strada.
In corrispondenza delle rotatorie sarebbe quindi necessario prevedere delle soluzioni viabili per i ciclisti, ma nella maggioranza dei casi, non c’è stato lo spazio. «Quando poi verranno realizzate le rotonde definitive – si augura Fornasiere - si cercheranno di ricavare dei percorsi ciclabili a lato, ma non sempre questo si potrà fare».
Giovanni Cassani
Classe 3.a B
Liceo Scientifico Duca degli Abruzzi
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