Serbia, bufera sul blitz anti-corruzione

Le opposizioni all’attacco contro il premier per l’operazione che ha portato all’arresto di 80 persone: «Un pogrom politico»
Una veduta di Belgrado
Una veduta di Belgrado

BELGRADO. Un’operazione da circo, fumo negli occhi dei cittadini. Così l’opposizione in Serbia ha definito la spettacolare operazione anti-corruzione posta in atto nel Paese pochi giorni prima della fine del 2015. Si sarebbe trattato anche di una sorta di “spedizione punitiva” contro chi si sarebbe ribellato alle regole non scritte del regime al potere. Parole pesanti che dimostrano come la situazione politica interna in Serbia sia tutt’altro che tranquilla.

Le accuse nei confronti degli arrestati, tra cui l’ex ministro dell’Agricoltura e funzionario del Partito democratico Slobodan Milosavljevic, sono pesantissime. Si va dal riciclaggio di denaro sporco alla corruzione, dall’abuso di ufficio alla speculazione su pubblici ordinativi. Secondo il ministro degli Interni, Nebojša Stefanivuc, fedelissimo del premier Alexandar Vucic, il danno subito dallo Stato sarebbe quantificabile in 100 milioni di euro.

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Il primo ministro della Serbia Alexadnar Vucic

Va subito detto però che degli 80 fermati nella maxi-operazione, resa spettacolare dalla presenza delle telecamere della televisione durante le fasi degli arresti, solo 39 si sono visti confermare le accuse. Secondo il leader del Partito democratico, Bojan Pajtic gli arresti sono solamente una farsa in quanto si tratterebbe piuttosto di un pogrom politico.

Egli ha confermato che sono stati fermati 97 appartenenti al partito, ma più di dieci accuse sono cadute nel vuoto. Il tribunale ha accolto solamente 4 accuse contro altrettante persone, accuse però che sono state tutte provate come infondate. Secondo Pajtic, il premier Vucic effettua i suoi arresti sotto la luce dei riflettori della televisione, mentre i rilasci delle persone fermate avvengono nel buio più totale dei media.

L’operazione poi, secondo le opposizioni, sarebbe servita a sviare l’attenzione dal vero scandalo che in questi giorni sta imperversando nel Paese, ossia l’assoluzione per insufficienza di prove e per prescrizione di Stanko Subotic-Cane, il boss del contrabbando di sigarette nei Balcani.

Secondo il Partito radicale gli affari del boss avrebbero arrecato danni alla Serbia per un ammontare di 28 milioni di euro e 6 milioni di dollari per il contrabbando di sigarette dalla Macedonia in Serbia. Ma per lui c’è stata l’assoluzione in quanto Subotic, sostengono i radicali, è uno dei principali finanziatori del partito del progresso serbo del premier Vucic, fatto che confermerebbe come in Serbia non ci sia alcuna indipendenza della magistratura dal potere politico.

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epa05069161 European Commissioner for European Neighbourhood Policy and Enlargement Negotiations Johannes Hahn (L), Serbian Prime Minister Aleksandar Vucic (C) and Foreign Minister of Luxembourg Jean Asselborn (R) at the start of an EU-Serbia intergovernmental accession conference, in Brussels, Belgium, 14 December 2015. EPA/STEPHANIE LECOCQ

Il boss era stato condannato in primo grado a sei anni di carcere, ma in appello come detto è stato assolto. In secondo grado Subotic si è difeso a piede libero in quanto ha pagato la cauzione di 538mila euro. Ora il tribunale dovrà restituirgli tutti i beni che gli erano stati sequestrati e in più pagargli un indennizzo.

Ricordiamo che Stanko Subotic-Cane è a capo di una delle più potenti organizzazioni criminali dei Balcani e sarebbe molto vicino sia al premier serbo Vucic che a quello montenegrino, Milo Djukanovic che non brilla certo per la sua adamantina figura. Il boss si è sempre dichiarato innocente e ha sostenuto che il processo a suo carico è solo una montatura messa in piedi dai politici che non hanno ricevuto soldi da lui.

Alle accuse delle opposizioni ha risposto lo stesso primo ministro Vucic il quale ha sostenuto che mai coloro i quali sono sospettati di atti contro la legge si sono dichiarati colpevoli, mentre hanno sempre parlato di pogrom politico.

E che si tratti solo di folklore politico, ha concluso il premier, lo dimostra il fatto che i media hanno taciuto che tra le persone arrestate c’è anche un membro del consiglio generale del Partito del progresso (quello del premier). Peccato che tutti i principali media della Serbia siano sotto il rigido e stretto controllo del governo.

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