Servola: pancogole, camper e mazzieri tra le strade inerpicate sul colle

Rione di Servola, un giorno qualsiasi di marzo. Inerpicarsi per raggiungere la cima del colle significa viaggiare lungo le strade di quartiere, incontrando i residenti, le attività commerciali, le persone dentro ai circoli e osservare ragazzini che calciano un pallone sgonfio dentro al campetto dietro la chiesa. Servola sono le osterie, le fontane, il Museo Etnografico e le sue pancogole, donne del rione che producevano il pane per la città di Trieste. Il racconto di una giornata a Servola passa attraverso tutto ciò, anche in virtù di una contrapposizione tra la quotidianità e la criticità reale della questione Ferriera. Il problema esiste, fosse il diritto alla salute o il diritto al lavoro, e ignorarlo non porta giovamento.
Salendo lungo via Soncini s’incontra la prima trattoria, chiamata alla Valle con il suo magnifico giardino all'aperto, dove sembra di vivere la campagna di un tempo. In cima al colle Rosella gestisce il bar di famiglia da 51 anni. «Questo luogo è un punto di riferimento per tanti nel rione, e soprattutto per la Microarea di Soncini». Nata vicino a Momiano in Istria, Rosella si dice «affezionata al luogo, non lo cambierei per niente al mondo, anche se ci sono troppe spese in questo lavoro. La storia xe talmente lunga stela mia che dovessimo star qua fin doman mattina». Il fascino del bancone in legno e le tazzine marchiate con l'alabarda della Triestina di Buffoni accompagnano gli operai e la gente che vive qui a Servola in monte. Più sotto, gli “alloggi popolarissimi” della Fondazione Burlo ridisegnano il ventre del quartiere, modesto eppure ancora così paesano. Molte serrande sono abbassate e dove un tempo sorgevano macellerie o pescherie oggi trovano posto alcuni garage.
Un giorno nel rione di Servola











In via del Pane bianco Servola si colora delle raffigurazioni della Dom Jakob Ukmar, dedicata al parroco che resse la chiesa per oltre cinquant'anni. I costumi servolani, le bucalete, un murales sui lavoratori della Ferriera e, un po’ più in là, il Museo Etnografico che viene gestito dalle signore Hedvika e Tamara. Da qui i passi conducono al Camper Park Mamàca. Ideato da Edoardo nel 2006, ospita centinaia di camperisti all'anno e le indicazioni sono intelligentemente tradotte in inglese e tedesco. «Siamo presenti su tantissime riviste, sia online sia cartacee, e moltissimi turisti scelgono quest’area di sosta proprio perché possono rimanere tranquilli. A volte, a causa del modo di parcheggiare che gli automobilisti utilizzano nella via che conduce al Park, e che non permette l'entrata, alcuni camperisti mi chiamano dicendomi che non si sono potuti fermare. Questo è un peccato, ne risente tutta la città e soprattutto il rione di Servola che merita tanto». Mamàca ha una ottantina di piazzole in totale ed è uno di quei luoghi nascosti che in molti dovrebbero conoscere.
La Bella Trieste, l'Alibi e il Circolo Arci “Falisca” rappresentano un trittico che soprattutto durante il Carnevale disegna l'armonico entusiasmo che il rione ancora possiede. Il tour a piedi che le maschere compiono lungo la via Soncini è uno dei momenti più au. tentici della quotidianità rionale. Sulla facciata della Casa del Popolo intitolata a Zora Perello campeggiano due statue, un minuscolo leone marciano, mentre più in basso compare una delle tante fontane.
L'incrocio con via di Servola è il punto centrale del quartiere. Da qui il passo verso l'Osteria da Gigi è breve. «Siamo presenti da sessant'anni - racconta Franco, storico gestore e esule da Grisignana -. Per continuare a vivere bene dobbiamo offrire qualcosa di diverso. La clientela viene qui di proposito, se aspettiamo che vengano per partito preso allora ci sbagliamo di grosso». Qui sono passati personaggi famosi, Magris e Pressburger sono di casa, alcuni giornalisti, e poi anche una certa classe politica. «Servola è il rione della sofferenza e dell'allegria», dice Roberto De Gioia, consigliere dal passato multi-partitico che troviamo seduto ad un tavolo. Mario Debernardi ricopre da 17 anni la carica del presidente del Carnevale, una sorta di sindaco di Servola. «Da novembre hanno chiuso la banca, i marciapiedi a volte sono inesistenti, il traffico è un problema non di poco conto, i vigili fanno spesso troppe multe ma, detto questo, credo che un certo spirito gioioso qui sopravviva ancora. Il ricordo del nostro vecchio mazziere Lalo, una delle anime del Carnevale per moltissimi anni, poi è doveroso». Un libro di Guaitamacchi è firmato proprio a Franco. «La miglior granseola del mondo», recita l'autografo.
Dal ricreatorio poi si cammina verso il bar De Marchi e il circolo della Ferriera. Maurizio è il presidente. «Dal 2007 siamo diventati un’associazione sportiva dilettantistica gestendo diverse attività. Tennis, la sezione fotografica, il biliardo in sala, una barca a vela, un poligono di tiro ad aria compressa a dieci metri, l'organizzazione di concerti ed iniziative culturali, sono tutti elementi a disposizione dei 350 soci». Il circolo è frequentato principalmente da dipendenti o ex lavoratori dell'impianto siderurgico. Un quadro di Spacal campeggia sulla parete d'entrata e sulla sinistra trova spazio una biblioteca. «Ogni tanto doniamo alcuni regali all'ospedale infantile, oltre che a farli ai figli dei nostri dipendenti», conclude Maurizio.
Risalendo tra le case di via San Lorenzo in Selva si sentono i rumori metallici e si respirano gli sbuffi della Ferriera. Qui si sono infrante decennali promesse elettorali, tra le speranze dei residenti e la salute per troppo tempo considerata superflua da chi avrebbe dovuto vigilare. La questione è sull’agenda da moltissimo tempo. La pazienza forse comincia a venire meno, anche se garantire l'occupazione è un impegno che la politica sa di non potere sottovalutare.
Davanti alla chiesa una signora con al collo una sciarpa rossa aspetta il parroco. La scuola De Marchi è in fase di ristrutturazione e il sole cala tra le ultime case servolane. L'uscita da questo paese, meritevole di nuova brillantezza, segue una linea in discesa verso via Bajamonti. Qui Sabrina gestisce una merceria da oltre dieci anni e contagia tutti con il desiderio di guardare avanti e di vivere la vita a ridosso di Servola. «In tanti mi chiedono il motivo per cui non mi trasferisco in centro città. A loro rispondo che amo la vita di rione, soprattutto di questa periferia». Che in fondo, è uno dei pochi luoghi dove l'anima triestina, nonostante le difficoltà, sopravvive ancora.
(13 - fine)
Riproduzione riservata © Il Piccolo