Sfilza di assenze sospette, finanziere nei guai
Accuse di truffa per un colonnello residente a Trieste finito nell’inchiesta su un giro di mazzette in Veneto

Ci sono anche un siracusano residente a Trieste e un gradese al centro dell’inchiesta bis avviata dalla Procura di Venezia su un presunto di giro di mazzette “eccellenti” versate a dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e finanzieri per ottenere riduzioni sulle tasse. Nel mirino dei pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini (che lo scorso giugno avevano firmato la richiesta di carcerazione per 16 indagati, di cui due ai domiciliari) sono finite questa volta dieci persone, a cui è stato notificato ora l’avviso di conclusione indagini. Tra loro anche il finanziere Antonio De Franchis, 56 anni, nato a Siracusa ma residente a Trieste, già comandante del Centro di addestramento del Comando regionale del Veneto con sede a Venezia ed ex responsabile del II Gruppo delle Fiamme Gialle a Mestre. E pure Christian David, 48 anni, nato a Grado, attualmente agli arresti domiciliari nella sua abitazione a Monfalcone. Era fino a poco tempo fa dirigente dell’ufficio grandi contribuenti della Direzione regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate. È stato licenziato senza preavviso.
David, per cui non si sono chiuse le indagini per l’imputazione di corruzione, è chiamato a rispondere di rivelazione del segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico assieme a De Franchis al fratello di quest’ultimo, Daniele De Franchis, commercialista siracusano. L’operazione che svolgevano con nonchalance secondo l’accusa era la seguente: il commercialista chiedeva al fratello finanziere informazioni riservate contenute nell’anagrafe tributaria in uso ai dipendenti delle Entrate e il finanziere dunque si rivolgeva a David. Stessi capi d’accusa che pesano sulle teste di altre persone, un calderone pieno zeppo.
Ma De Franchis si trova doppiamente nei pasticci. Perché risulterebbe anche accusato di truffa e falso ideologico commessi da un pubblico ufficiale. Era anche un assenteista, insomma. Si allontanava dalla sede lavorativa di Venezia per dedicarsi «ad attività di carattere personale, omettendo di comunicare a fine del mese le assenze e anzi, attestando falsamente la propria presenza in ufficio», scrivono i due pm. Risultano settantotto giornate di permesso non richiesto nel periodo dall’estate 2016 a quella del 2017. Come ad esempio il 12 agosto quando, sempre secondo l’accusa, si dileguò dalla sede veneta per cinque ore e mezza. Oppure il 17 novembre, per nove ore e un quarto, dalle 10.15 alle 19.30.
(b.m.)
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