Sfruttamento della prostituzione: sequestrato un centro massaggi a Trieste

I carabinieri hanno denunciato la titolare, una 47enne di nazionalità cinese che sfruttava la propria dipendente connazionale costringendola a prostituirsi

Il centro massaggi
Il centro massaggi

Nel corso di un’attività di monitoraggio su vari centri massaggi gestiti da cittadini cinesi a Trieste, i carabinieri della Compagnia di via Hermet hanno scoperto che in uno di questi locali, in centro città, la titolare, una 47enne di nazionalità cinese, sfruttava la propria dipendente connazionale inducendola a prostituirsi.

 

Prostituzione: i carabinieri sequestrano un centro massaggi a Trieste

Le indagini, dirette dal pm Federico Frezza, hanno permesso di accertare la responsabilità della donna: i carabinieri hanno infatti verificato che nel locale ci fosse un flusso giornaliero di una ventina di clienti che, per ogni prestazione sessuale, corrispondevano una somma variabile tra gli 80 e i 120 euro.

La maîtresse, al fine di sviare eventuali indagini, aveva dato disposizione alla dipendente di nascondere il denaro sotto un tappeto.

 

I carabinieri hanno controllato e perquisito il centro massaggi, all’interno del quale veniva è stata ritrovata sia la documentazione sia parte del denaro in contanti derivante dall’attività illecita.

La titolare è stata quindi denunciata in stato di libertà per favoreggiamento della prostituzione mentre l’appartamento è stato sottoposto a sequestro preventivo, poi convalidato dal Gip

I carabinieri, sottolineano “la particolarità del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, specie quello riguardante donne straniere. Infatti – si legge in una nota – , sebbene pressoché quasi mai si registrino episodi di violenza brutale ed eclatante che possano portare alla luce il fenomeno, né vi siano mai casi di ribellione da parte delle donne soggiogate, in realtà la gestione dei centri massaggi cela fenomeni di grave sfruttamento delle donne che vi “lavorano”, alle quali vengono imposti turni pesantissimi (in genere dalle 9 alle 23, senza mai o quasi mai uscire, nemmeno per consumare i pasti) e con corresponsione di compensi irrisori, che raramente superano il 20% dell’incasso”.

“Si tratta – continua la nota dei militari –  evidentemente di uno sfruttamento intollerabile in una società civile, caratterizzato da vittime silenziose e invisibili; ovvero da soggetti fragili in quanto del tutto incapaci (soprattutto per la scarsa conoscenza della lingua italiana, ma anche per paura degli sfruttatori e per timore di ritorsioni verso i parenti) di far valere i propri diritti fondamentali. Per tale motivo, per fare emergere tutto ciò è assolutamente indispensabile avviare indagini di iniziativa, cosa che la Procura della Repubblica di Trieste sta facendo. Solo così, adottando cioè un atteggiamento proattivo, possono emergere i delitti di sfruttamento continuativo e professionale della prostituzione altrui e si può dare alle donne soggiogate una possibilità di uscire dalla clandestinità. In caso contrario, se si adottasse, cioè, un atteggiamento meramente passivo e “ricettivo” delle denunce delle donne sfruttate, che non segnalano perché non hanno il coraggio e la forza di ribellarsi, delitti di questa portata rimarrebbero nascosti ed impuniti (occorre ricordare che nei casi più gravi, non in quello odierno, arrivano fino alla schiavitù)”.

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