Slovenia, 2500 arrivi: «Pressione enorme»

ZAGABRIA. «Sto diventando matto! Sono in viaggio da 25 giorni e dormo qui da tre notti». Al valico di Bregana, nella terra di nessuno fra Croazia dalla Slovenia, Alaa mette i gomiti sulla ringhiera che segna l’inizio della Slovenia e appoggia la fronte contro il tubo di ferro. «Non ne posso più», sospira il farmacista siriano scoraggiato. Come tutti gli altri attorno a lui, Alaa vuole raggiungere l’Austria, dove sono arrivate oltre 13mila persone nella sola giornata di sabato (ma principalmente via Croazia e Ungheria). E a metà pomeriggio di ieri, mentre Vienna ne attendeva 7mila, si è capito che ne sarebbero arrivati altri 10mila.

Per la Slovenia invece il passaggio è quasi bloccato. Le corriere partono al ritmo di una ogni ora e in totale solo in 2.500 sono riusciti nell’impresa. «Lubiana ha finora registrato 1.500 migranti e altri 600 stanno completando la procedura al centro di Brežice», ha dichiarato il Segretario di stato sloveno Boštjan Šefic ieri pomeriggio. Lubiana «si trova sotto una enorme pressione migratoria, in 2.500 sono entrati dalla Croazia e solo in 7 hanno chiesto asilo», ha detto il ministro dell’Interno Vesna Györkös Žnidar.
Alle porte della Slovenia i rifugiati che si ammassano davanti al cordone di polizia sono sempre più nervosi. Dopo tre notti all’addiaccio, in parte sotto la pioggia, al confine croato-sloveno c’è chi comincia a tossire. «Si stanno ammalando», dice Valerie, una volontaria venuta dall’Austria. Il governo sloveno ha assicurato ieri che rispetterà la regolamentazione europea, ovvero si sforzerà di identificare tutte le persone in transito «finché sarà possibile, considerando l’estensione della ondata migratoria», nelle parole di Znidar, anche se questo dovesse implicare un rallentamento o uno stop dei flussi in transito. Una politica lodata da Berlino in una conversazione telefonica tra il premier sloveno Miro Cerar la cancelliera tedesca.
Ad Angela Merkel - dice un comunicato di Lubiana - Cerar ha sottolineato che la situazione in Slovenia è per ora sotto controllo, invocando però una risposta europea alla crisi dal vertice di mercoledì e sottolineando l’esigenza che anche gli altri Stati facciano la loro parte. Del resto la politica slovena sin qui adottata potrebbe presto essere messa in difficoltà da un numero superiore di arrivi. Le autorità di Zagabria hanno finora registrato 27mila ingressi nel Paese e si aspettano un flusso ancora maggiore dalla Serbia. Tanto che il governo croato, che continua de facto a organizzare “corridoi umanitari” per Ungheria o Slovenia (entrambi rediretti verso l’Austria), si sta attrezzando per far fronte a una nuova ondata. A Opatovac, pochi chilometri da Tovarnik, il principale punto d’ingresso dalla Serbia, si costruisce un campo temporaneo per proteggere i profughi dalla pioggia.
E poi ci sono le reazioni di Budapest, che ieri ha rimosso i blocchi dal valico di Horgos 1 lungo l’autostrada Belgrado-Budapest (mentre resta chiuso Horgos 2). Il governo ungherese, adirato con Zagabria che invia treni e pullman alla frontiera (la Croazia «partecipa de facto al traffico illegale di essere umani», ha accusato il portavoce del governo Orban), ha annunciato di aver completato la posa di oltre 41km di filo spinato sulla frontiera comune e, secondo la stampa croata, ha costruito una porta metallica al valico di Beremend, già presidiato dall’esercito, dove passano ora i rifugiati in arrivo da Beli Manastir. Se la porta dovesse essere chiusa, il flusso sarà allora rediretto verso la Slovenia o, direttamente dalla Serbia, verso la Romania. Bucarest, che definisce «inaccettabile» e «contraria allo spirito dell’Ue» la decisione ungherese di prolungare il muro anche al confine rumeno, ha avviato esercitazioni militari alla frontiera serba in chiave umanitaria. Per valutare le proprie capacità di reazione in caso di un’emergenza rifugiati. Dal lato sloveno, invece, che succederà in caso di un afflusso maggiore? La rotta continuerà verso Nord o devierà? Al valico di Bregana, tutti i profughi ripetono come un mantra la sola destinazione desiderata: «Germania». Ma se anche l’Austria dovesse chiudere loro le porte, allora un’ennesima deviazione si renderà indispensabile, verso Gorizia e Trieste.
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