Slovenia, dimissioni a sorpresa di Šarec: «Con questa coalizione non si va avanti»

Il primo ministro invoca le elezioni anticipate, ma sono già partite le manovre per disegnare una nuova maggioranza
epa08169551 Slovenian Prime Minister Marjan Sarec talks to the media during a press conference in Ljubljana, Slovenia, 27 January 2020, where he announced his resignations and called for a snap election. EPA/IGOR KUPLJENIK
epa08169551 Slovenian Prime Minister Marjan Sarec talks to the media during a press conference in Ljubljana, Slovenia, 27 January 2020, where he announced his resignations and called for a snap election. EPA/IGOR KUPLJENIK

LUBIANA. A un certo punto si è guardato attorno e non ha visto più nessuno. Alle sue spalle solo i suoi 13 deputati in Parlamento. Il governo era in briciole. E così, senza aspettare di veder silurare la sua nave nell’Assemblea nazionale, il premier della Slovenia Marjan Šarec ieri mattina ha rassegnato le dimissioni parlando esplicitamente di elezioni anticipate. Se voleva spiazzare qualcuno ce l’ha fatta. Molti dei suoi partner infatti hanno appreso la sua decisione solo dai media. «Con 13 deputati e con questa coalizione (di minoranza e di centrosinistra, ndr.) in questo momento non posso attuare le aspettative della gente, potrò farlo dopo le elezioni (anticipate)». Le parole di Šarec sono poche, perfettamente comprensibili e lanciano un preciso segnale politico.

Ma si andrà al voto anticipato a un anno e mezzo dalla fine della legislatura? Šarec sa che già sono in atto grandi manovre per arrivare alla sfiducia costruttiva e disegnare una nuova maggioranza. A scalpitare ovviamente è Janez Janša il leader del Partito democratico (destra) che con i suoi 25 deputati è stato il vincitore alle ultime politiche anche se la sua prima reazione è stata quella di voler andare alle urne pur precisando di essere pronto a portare avanti alcune leggi di cui il Paese ha urgente bisogno. I tempi tecnici parlano ora di un mese per la possibile sfiducia costruttiva altrimenti si andrà alle urne. Il voto potrebbe tenersi già nella seconda metà di aprile.

E se Šarec annuncia un dialogo con il Partito dell’ex premier e attuale ministro degli Esteri Miro Cerar (Smc) e con tutte le liste civiche del Paese per dare vita a una coalizione elettorale, il presidente di Smc Zdravko Počivalšek tira invece una brusca frenata sostenendo che le dimissioni del premier non significano che automaticamente si vada al voto anticipato. E alla domanda se il suo partito potrebbe partecipare a un’alleanza con la Sds per un governo guidato da Janša o dal leader di Nuova Slovenia (Nsi) Matej Tonin (destra cattolica), Počivalšek risponde che la sua lista «non pensa di andare né a destra, né a sinistra, né indietro, bensì avanti», ed è però pronta a collaborare. «Faremo tutto quello - conclude - che sarà il bene per la Slovenia».

Se facciamo parlare i numeri una coalizione formata dalla Sds, da Nsi e Smc avrebbe 42 seggi, quattro in meno per la maggioranza in Parlamento (90 seggi). Quattro seggi che potrebbero essere colmati dalla estrema destra (Sns) di Zmago Jelinčič, ma, a questo punto dopo la sconfitta patita all’interno del Partito dei pensionati (Desus) patita dal già dimissionario ministro della Difesa Karl Erjavec, non si può escludere che Janša, come ha fatto già in un suo precedente governo, possa contare anche sui 5 deputati di Desus. Insomma lo spazio politico per evitare le urne c’è tutto, bisogna vedere che cosa ne seguirà visto che proprio Janša gettò la spugna a inizio legislatura non riuscendo a creare attorno a sè una maggioranza. E soprattutto che cosa è cambiato nel frattempo? Sicuramente se si dovesse andare alle urne a breve partiti come la Smc o la Sab (il partito di centrosinistra del ministro dei Trasporti ed ex premier Alenka Bratušek) rischiano, visti gli ultimi sondaggi, di non superare nemmeno la soglia di sbarramento del 4% per entrare in Parlamento.

Per la Smc più che una battaglia politico ideologica sembra piuttosto una lotta per la sopravvivenza che potrebbe far tappare il naso a molti dei suoi adepti pur di rimanere al potere ancora un anno e mezzo seppure in un governo di centrodestra con il leader Miro Cerar che sicuramente non farebbe i salti di gioia nel dover rinunciare alla platea internazionale che gli ha fin qui garantito la sua carica di capo della diplomazia slovena.

Per la cronaca va precisato che prima di Šarec a rassegnare le dimissioni è stato il ministro delle Finanze Andrej Bertoncelj risultato sconfitto dalla grande spaccatura nella coalizione di maggioranza emersa la scorsa settimana nel decidere se e come abolire l'assicurazione sanitaria integrativa. Il ministro della Salute Aleš Šabeder ha insistito sul fatto che qualsiasi deficit finanziario che potrebbero insorgere dopo la sospensione del pagamento delle assicurazioni alle compagnie di assicurazione commerciali dovesse essere coperto dal bilancio dello Stato incontrando il secco “no” di Bertoncelj. Ma Šarec si è schierato con Šabader. Comunque il primo ministro ha precisato che le sue dimissioni nulla hanno a che fare con quelle del suo ministro delle Finanze. E a Lubiana le segreterie dei partiti sono più affollate delle stanze del calciomercato italiano che chiuderà a fine mese. 


 

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