Slovenia, il risiko bancario scatenato dall’Ungheria

È un puzzle sofisticato, frutto evidente di una strategia geoeconomica ben pianificata, l’avanzata dell’Ungheria nel sistema bancaria (e non solo) della Slovenia. La pedina fondamentale si chiama Abanka, il terzo istituto di credito del Paese posto sul mercato della privatizzazione dal governo su precisa richiesta della Commissione europea che solo in questo modo diede, nel 2013, il via libera al programma di risanamento del sistema bancario sloveno. E, guarda caso, come scrive il settimanale Mladina, a sponsorizzare fortemente la privatizzazione di Abanka in seno alla Commissione Ue è stato il consigliere economico ungherese Istvan P. Szekely delegato dal 2010 per la Slovenia.
Nella documentazione sottoscritta dall’eurocrate magiaro si legge che le banche in Slovenia perseguono «fini politici a breve o a lungo termine» e che tale proprietà (dello Stato ndr.) costituisce un vero e proprio «azzardo morale». E che dietro Szekely ci fosse la manina di Budapest appare chiaro a posteriori. Senza l’appoggio del governo Orban, infatti, difficilmente il su menzionato alto funzionario europeo sarebbe stato nominato principale consigliere della Commissione Ue. Né in Ungheria sarebbe diventato professore emerito all’Università Corvinus di Budapest, guidata da Andras Lanczi, nominato rettore proprio dal premier Viktor Orban. E così, da Szekely si sono presentati tutti gli attori sloveni che hanno avuto a che fare con il risanamento del sistema bancario del Paese.
E gli esiti della strategia magiara non hanno tardato a diventare evidenti. Nel 2015 l’ungherese Imre Balogh viene nominato presidente del cda della Bad bank slovena (Dutb). E Balogh lavora anche lui come Szekely all’Università Corvinus dove svolge il ruolo di direttore del Consiglio di sorveglianza finanziaria. Nel 2016, invece, il magiaro Laszlo Urban è stato nominato membro del consiglio di sorveglianza della Nova Ljubljanska Banka (Nlb), il più importante istituto di credito della Slovenia. Secondo i media ungheresi lo stesso Urban in passato è stato direttore finanziario della banca ungherese Otp, guarda il caso la stessa che vuole acquistare oggi la Abanka slovena, è stato o lo è ancora membro di Fidesz, il partito del premier Viktor Orban sotto la cui egida è stato per un breve periodo anche ministro delle Finanze.
E tutto questo è solo una premessa. Tornando all’oggi bisogna rilevare un’azione alquanto “spericolata”, per molti anche scorretta, dell’ambasciatrice ungherese in Slovenia Edit Szilagyine Batorfi che ha incontrato il nuovo governatore della Banca di Slovenia Boštjan Vaslet. Ricordiamo che se la privatizzazione della Abanka è gestita dalla holding di Stato Sdh, ma per chiudere la partita è indispensabile il via libera della Banca di Slovenia. Banca di Slovenia che alla richiesta di chiarimenti sull’incontro ha risposto che «il governatore nell’espletamento delle sue funzioni incontra diversi rappresentanti pubblici». Quanto detto tra l’ambasciatirice e il governatore, che si sarebbero incontrati a quattr’occhi, resta, per i portavoce della banca centrale slovena «segreto». «I responsabili delle più alte funzioni statali devono a fronte di possibili azioni di lobbying agire nella massima trasparenza», dichiara a Mladina Alma Sedlar presidente di Transaprency International ed ex vicepresidente della Commissione anti-corruzione della Slovenia.
Allo stesso modo la pensa anche il capogruppo dei socialdemocratici (al governo) Matjaž Han il quale definisce come «irresponsabili» gli incontri che la solita ambasciatrice magiara (tema l’acquisto di Abanka per mano della magiara Otp) ha avuto con i deputati del Partito democratico di Janez Janša (Sds), del Partito di Miro Cerar (Smc), attuale ministro degli Esteri e della Lista del premier Marjan Šarec (Lmš). E a Lubiana qualcuno inizia a sostenere che sarebbe ora che la Slovenia cominciasse a ragionare attorno al concetto di “interesse nazionale”. —
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