Staranzano, traballa l’ipotesi della pesca di frodo

Alessandro Pin, il 52enne di Ronchi che venerdì sera è stato ucciso da uno choc emorragico per l’esplosione di un rudimentale ordigno che lui stesso stava costruendo sulla diga nei pressi della Riserva della Cona, potrebbe essersi ucciso con un atto autolesionistico clamoroso nella dinamica e dalle modalità quanto meno inconsuete, tanto da essere stato quasi escluso dagli investigatori nell’immediatezza della scoperta del corpo, avvenuta alle 7.30 di sabato. Perderebbe “peso” dunque, anche se non è stata ancora accantonata, l’ipotesi dello scoppio accidentale di un rudimentale ordigno destinato alla pesca di frodo.
A dare una svolta alle indagini condotte dai carabinieri del Norm della compagnia di Monfalcone, coordinate dal tenente Robert Irlandese, sarebbero stati un sopralluogo eseguito ieri nell’abitazione in cui Pin viveva da solo in un condominio di via della Rocca 5 a Ronchi dei Legionari, nel quartiere di Selz, ma soprattutto le dichiarazioni fornite dall’ex moglie del 52enne ronchese e da alcune persone a lui vicine.
I carabinieri parlano di «alcuni importanti elementi» trovati nell’abitazione che avvalorerebbero le dichiarazioni di congiunti e amici, tra cui l’ex moglie del 52enne ronchese che abita a Fiumicello, convergenti sul fatto che Pin da qualche tempo attraversava un periodo di prostrazione psichica per la mancanza di lavoro e per problemi legati alla sfera sentimentale.
Per trovare riscontri a questa nuova ipotesi, i carabinieri effettueranno questa mattina un ulteriore sopralluogo nell’abitazione di via della Rocca 5. Ma non solo. Nell’obitorio dell’ospedale di San Polo, dove il corpo dilaniato dell’uomo è stato trasportato attorno alle 12 di sabato, il medico legale effettuerà un ulteriore esame sul corpo, non un’autopsia ma una ricognizione, per verificare in particolare la coincidenza o meno di alcune ferite con un atto autolesionistico. Non mancano infatti dubbi dubbi su una modalità di suicidio plateale, complessa, senz’altro anomala e assai rara nella casistica.
I carabinieri comunque non hanno ancora abbandonato la pista di una pesca di frodo con esplosivo finita in tragedia. Anche su questa, peraltro, ci sono alcuni punti oscuri, come ad esempio la mancanza sul posto della tragedia dell’attrezzatura necessaria a raccogliere il pesce e a trasportarlo. E ciò potrebbe prefigurare la presenza sulla diga di un’altra persona, attrezzata a tale scopo, allontanatasi in macchina o in barca subito dopo la tragedia. Vengono invece accantonate altre ipotesi, legate all’impiego del rudimentale ordigno esplosivo per altre finalità.
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