Sulle tracce del treno che non arrivò mai

Da Cormons a Fogliano Redipuglia: 12 chilometri di ferrovia fantasma e di spreco di denaro pubblico. E ora piste ciclabili

di Roberto Covaz

GORIZIA

Peccato per l’assenza dei banditi (ma quelli volendo si sta poco a trovarli) altrimenti avrebbe potuto essere la location ideale per il remake del film “Quel treno per Yuma”. Sicchè ci si deve accontentare di un’altra pellicola, pure questa vecchiotta, del 1934, “Il treno fantasma”. Più modestamente noi suggeriamo un altro titolo: “Quel treno che non arrivò mai”. Partito nel 1949 da Cormons (o se preferite da Fogliano Redipuglia) di quel convoglio si sono perse le tracce. Letteralmente. Del resto che sia una storia sghemba di misteri e di sperpero di denaro pubblico lo si evince anche dalla confusione sull’origine di questa ferrovia fantasma. Il sito web Ferrovie abbandonate parla, appunto, del 1949 come inizio lavori e del 1989 come termine (si fa per dire) degli stessi. Della strada ferrata manco l’ombra e pure quelle poche traversine in legno che erano state posate sono sparite alla chetichella. Altre fonti indicano che l’opera (mancata) fa parte di una serie di infrastrutture previste dalla legge 298/1958, che dovevano servire a migliorare i traffici da e per il porto di Trieste con un accorciamento di 15 chilometri e una razionalizzazione del percorso per Tarvisio (abbattendo di circa il 10% il percorso in territorio italiano nella direttrice verso l'Austria), a cui sarebbe anche conseguito un contenimento dei costi di trasporto.

L’esplorazione

La lunghezza del raccordo è di circa 12 chilometri e noi quella cicatrice che taglia in due l’Isontino l’abbiamo percorsa in bicicletta e, dove non è stato possibile, a piedi armati di bastone per scansare certe bisce grosse come littorine. Partenza da Cormons; si sale sul raccordo dal retro della casa cantoniera di via Isonzo (la regionale 56) percorrendo un vialetto che sembra quello del tramonto. Non ci sono protezioni né avvisi, e se uno appena appena si distrae finisce sui binari veri. Si procede in sopraelevata sull’incrocio camminando su una montagna di calcestruzzo. Poi il sedime si adagia su un innalzamento di cinque-sette metri dalla quota di campagna. Si arriva al ponte sulla strada per Corona: la carreggiata in quel punto si modella a chicane e pure diverse auto si modellano a rottame schiantandosi contro le spallone esagerate del ponte. Poi la passeggiata sul raccordo diventa materia per Sandokan tra vegetazione fittissima e strani fruscii. Sulla destra, dopo la zona artigianale di Cormons, si intravvede una voragine non perfettamente recintata. Probabilmente è la cava da cui fu estratto il materiale per l’inutile opera. Arriviamo a Monticello, alle spalle di Angoris, e anche qui c’è un viadotto impressionante, altissimo rispetto all’ipotetica ferrata. Il ponte serve a collegare Angoris alla Boatina o a Corona. Da quel punto strada facile fino al sottopasso di Mariano sulla 305. Quello precedente è stato demolito nell’ambito dei lavori della circonvallazione di Mariano.

Il mostro d’acciaio

Verso Gradisca tutto facile, si arriva all’azienda Feudi di Romans e c’è il ponte in acciaio sul raccordo autostradale. Non lo si dovrebbe fare, ma attraversatolo si procede ameni tra i pescheti di Borgo Basiol. Ma a un certo punto, dopo aver superato il viadotto (massiccio pure quello) sulla strada per Villesse, ecco il “mostro”. È l’ardito ponte a quattro campate sull’Isonzo e qui davvero si rischia molto ad attraversalo perché la struttura è predisposta per la posa dei binari e all’incauto passante riserva una minima superficie calpestabile e orridi a ripetizioni sull’Isonzo.

Scampato il pericolo siamo quasi arrivati, ma a Sagrado scopriamo che l’incompletato raccordo è terreno di guerra. Sì, di quelli che giocano alla guerra, con armi che sembrano vere e tutti mimetizzati da non distinguerli a due metri di distanza. Superato il ponte sul canale Dottori (e qui l’uso del calcestruzzo batte tutti i record; che qualcuno avesse una percentuale sulle ordinazioni?) eccoci a Fogliano.

Il paese prigioniero

Da lassù si capisce quanto pesi sul paese quella cappa di cemento armato. Fogliano è prigioniero del raccordo. Lì era previsto l’innesto con la ferrovia Trieste-Udine. Ora resta una specie di discarica di materiale ferroviario. Di rifiuti di altra natura meglio non dire.

Come riutilizzare il raccordo fantasma? Le idee non mancano e noi aderiamo all’idea della Provincia: una bella pista ciclabile tra Carso e Collio, tra cultura e natura nel cuore (e non più cicatrice) dell’Isontino.

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