Tar, sarà ancora Unicredit la banca del Comune

Respinto il ricorso di Montepaschi sull’appalto del servizio di tesoreria, la gestione del maxi “conto corrente” da 100 milioni di euro di giacenza media
Lasorte Trieste 17/08/13 - Piazza Unità, Municipio
Lasorte Trieste 17/08/13 - Piazza Unità, Municipio

La guerra fra titani, fra i due colossi italiani del credito che da inizio gennaio si contendevano davanti al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, il “conto in banca” di Trieste, la vince chi quel conto già ce l’aveva, già lo gestiva, ovvero Unicredit. Per la “felicità” dell’amministrazione Cosolini, che così non solo si vede riconoscere in sede giudiziaria, quanto meno in primo grado, la legittimità delle sue scelte, ma nel contempo non si ritrova nemmeno costretta a travasare su due piedi i soldi per gli affari correnti in un’altra “filiale”, né a svuotare parte del conto stesso per risarcire il titano che le ha fatto causa, al secolo Montepaschi.

È di questi giorni, infatti, la notizia della sentenza depositata proprio al Tar di piazza Unità, che chiude per l’appunto la guerra giudiziaria tra Montepaschi e Unicredit per la titolarità dell’appalto quinquennale, da qui al 2018, del servizio di tesoreria del Comune. Trattasi del maxi “conto corrente” da cento milioni di giacenza media - “utile” per un istituto bancario per i suoi cosiddetti impieghi finanziari, cioè i prestiti a soggetti terzi di soldi presi in prestito dal cliente - su cui passano i piccoli grandi pagamenti ed incassi quotidiani dell’ente, dagli stipendi degli impiegati in uscita alle rette degli asili in entrata, tanto per dirne un paio.

La banca di Siena che per mano dell’avvocato di Udine Andrea Cabrini aveva presentato ricorso contro la sua esclusione dalla gara - cosa che le aveva fatto assistere impotente a dicembre alla riaggiudicazione del servizio all’Unicredit medesima, già titolare dell’appalto allora in scadenza e unica concorrente, rappresentata in questo caso dall’avvocato Maurizio Franzoni di Brescia - si vede dunque respingere ora il suo stesso ricorso, e condannare pure a staccare un assegno da cinquemila euro di spese legali in favore proprio del Municipio. La cui tesi difensiva - sostenuta nell’occasione da Maria Serena Giraldi, capo dell’Avvocatura comunale - è stata evidentemente condivisa dal collegio dei giudici amministrativi di piazza Unità.

Il Tar, a questo proposito, ha ritenuto «infondato» il ricorso col timbro di Mps, che reclamava l’annullamento dei documenti col timbro del Comune datati dicembre 2013, verbali di gara compresi, in cui era stata formalizzata come detto l’esclusione preliminare dalla gara stessa decisa da Vincenzo Di Maggio, direttore del Servizio finanziario tributi e partecipazioni societarie, ma qui soprattutto Rup, Responsabile unico del procedimento di gara. Di Maggio aveva considerato decaduta la partecipazione di Montepaschi poiché, in un passaggio dell’offerta, essa aveva inteso precisare a quanto dovessero corrispondere, in scia alle soglie fideiussorie, i limiti di un eventuale anticipo di cassa, integrando così di fatto lo schema del capitolato richiamato dalle norme in vigore: un’offerta «condizionata» a fronte di un bando che richiedeva invece un’accettazione «incondizionata» delle condizioni poste. A nulla sono valse le spiegazioni di Mps, secondo cui, tra le altre cose, «è la giurisprudenza del Consiglio di Stato (l’organo di secondo e ultimo grado della giustizia amministrativa dopo il Tar, ndr) che include nelle disposizioni che regolano lo svolgimento di una gara anche i chiarimenti comunicati», poiché, «in caso di equivocità, va favorita l’interpretazione che consente la massima partecipazione alla gara».

Ma la questione, per il Comune e il Tar, equivoca non era: «È del tutto inammissibile - scrive il giudice Enzo Di Sciascio, l’estensore della sentenza in oggetto - che Mps da un lato accetti incondizionatamente lo schema di convenzione e poi proponga un’offerta con esso incompatibile, poiché lo modifica e vi introduce una condizione».

Montepaschi a Unicredit, a differenza di quanto non debba fare col Comune, non deve rifondere un euro. Già perché pure Unicredit, in risposta alla causa avanzata dalla banca di Siena, le aveva fatto causa, presentando un ricorso cosiddetto, in gergo tecnico, incidentale. Ricorso che, per la cronaca, è stato a sua volta rigettato dal Tar in quanto risultato pure questo, dopo la verifica delle carte, «infondato». L’istituto resistente aveva infatti sostenuto che Mps non avrebbe avuto titolo per partecipare alla gara da cui era stata poi esclusa per «omessa dichiarazione di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili». Obiezione respinta. Ma, a questo punto, inutile.

@PierRaub

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