Testimoni di Geova, in 1600 per il raduno al “PalaRubini”

Una società da ricostruire e una salvezza da conquistare attraverso i valori cristiani, con poche regole e soprattutto molta pratica quotidiana. A crederci sono i Testimoni di Geova, il movimento cristiano armato di Bibbia e dotato della massima fede anche nei crismi dell’organizzazione, sceso ieri in campo a Trieste per l’Assemblea di Circoscrizione, una sorta di raduno regionale che nell’arco dell’intera giornata ha riunito al PalaRubini oltre 1600 fedeli, provenienti dalla provincia, dall’Isontino e da parte del Friuli Orientale. Molte donne, tanti bambini, diverse etnie. Mentre in Italia ci si rivolge alle urne per designare le sorti del prossimo Governo, i Testimoni di Geova alzano l’asticella e giocano invece la carta della redenzione totale, come in cielo così in terra, abiurando il proselitismo ma esortando alla riqualificazione della società attraverso la “semplice” osservanza dei dettami esegetici delle Scritture.
Il raduno si avvale di un tema conduttore, “Non smettiamo di fare ciò che è eccellente”, monito che pone l’indice accusatore nei confronti delle falle tecniche e morali che contaminerebbero la società, dalla tendenza all’invidia all’eccesso di individualità, passando per le distorsioni dei “divertimenti” (sesso, alcool e dintorni) e, altro tema epocale, l’uso scriteriato dei social. Tanti problemi, soluzioni possibili. Si, perché cambiare rotta sembra possibile per gli uomini di buona volontà, (ri)partendo magari da tre valori più volte indicati ieri nel corso dei lavori al PalaRubini, ovvero onestà, rispetto e lealtà: «L’individualismo in genere è uno dei pericoli maggiori dell’attuale società – garantisce Sergio Tomasoni, portavoce dei Testimoni di Geova della circoscrizione regionale – questo conduce spesso ad una chiusura, provocando ad esempio difficoltà nei rapporti, nel dialogo, nella comprensione e tolleranza di altre culture. Bisogna invece favorire il confronto – ha aggiunto – e rifarsi ai fondamenti cristiani espressi nelle Scritture. Bisogna quindi dedicare più tempo alla lettura della Bibbia». Insomma, riaprire il dialogo e cementare la formazione che coadiuva il respiro della fede. Già, ma come? Su questo i Testimoni di Geova hanno fatto scuola e da alfieri del marketing “porta a porta” ora sembrano propensi ad altre vie, meno celesti ma pratiche, optando per le postazioni pubbliche nelle strade nel segno della Torre di Guardia, dispensando cioè riviste e informazioni, oppure allestendo corsi di esegesi biblica (gratuiti) calibrati per ogni età ed esigenza, da vivere on line, direttamente con un tutor o anche al telefono: «Diciamo no al proselitismo – hanno ribadito – ci sentiamo piuttosto dei fedeli che vogliono solo testimoniare e far conoscere i principi biblici». Rigore e organizzazione sono gli altri cardini del tessuto sociale dei Testimoni di Geova, temi espressi anche nel corso del raduno regionale di ieri, dove I fedeli presenti – fatta eccezione per alcuni deputati alla comunicazione – non potevano ad esempio relazionarsi con la stampa o con altri esponenti durante l’intero arco dell’Assemblea. Qualche numero. In tutta la regione sarebbero circa 5000 gli adepti, di cui quasi 750 a Trieste, un centinaio a Gorizia, 500 nel Monfalconese, cifre che racchiudono una vasta percentuale femminile e che attesterebbero in generale un leggero ma costante incremento delle adesioni, di coloro che abbracciano ufficialmente la causa accettando anche il rito del battesimo. A proposito. L’Assemblea regionale ieri ha riservato anche tale cerimonia, con l’iniziazione di cinque nuovi testimoni, di cui due triestini e gli altri originari di Ronchi e Monfalcone. Musica, preghiere, interventi dal pulpito e analisi di passi biblici. La salvezza, secondo i Testimoni di Geova, matura anche così, coniugando gli atti alla fede e dando ascolto ai testi sacri. Vedi quanto preannunciato da San Paolo, uno che nelle sue lettere non le mandava a dire e che nei carteggi a Timoteo sembra anticipare l’attuale crisi dei valori e la conseguente frattura. Niente paura, non si tratta dell’Apocalisse ma di una imminente liberazione che sortirà una svolta culturale. Non è una speranza, quanto una certezza, hanno assicurato i congressisti.
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