L’idrogeno e l’acciaio verde: così cambia l’energia
Al Convention Center di Trieste il forum organizzato da Nem sui costi e le opportunità della transizione energetica

I progetti già avviati e le prospettive di lungo termine. I costi reali e le opportunità di investimento. L’appello all’Europa e gli incentivi territoriali. Su tutto la necessità di un ecosistema che supporti le aziende e ne tuteli la competitività. È su queste sfide che si sono confrontati manager e imprenditori intervenuti al forum “Transizione. Energia e costi del cambiamento”, organizzato da Nord Est Multimedia (Nem), il gruppo che pubblica questo giornale, il sito ilNordEst.it e altri cinque quotidiani del territorio, al Generali Convention Center di Trieste.
Un appuntamento per fare il punto su come il percorso di riduzione della dipendenza dalle fonti fossili e la crescente domanda di energia stiano trasformando l’economia dei nostri territori.
Transizione, equilibrio e futuro sono le tre parole chiave con cui ha inquadrato il tema il direttore editoriale di Nem, Paolo Possamai, nella consapevolezza che, ora che siamo pienamente «in mezzo al guado» del cambiamento, «è essenziale che si creino ponti tra esigenze e politiche».
A partire dal dibattito sui costi dell’energia e sulla paternità delle tecnologie impiegate. «Se vogliamo che il sistema economico italiano resti competitivo rispetto ad altri continenti dove l’attenzione all’impatto ambientale è più bassa, non dobbiamo escludere il nostro sistema produttivo dalla competitività a livello internazionale», ha detto il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, declinando la transizione in una prospettiva di equilibrio economico e geopolitico. «Il modello di approvvigionamento non sarà più lo stesso, dobbiamo utilizzare nuove tecnologie e su questo i territori possono essere protagonisti».

Ne è un esempio il progetto della North Adriatic Hydrogen Valley, su cui il Friuli Venezia Giulia è in prima fila e che vede un primo passo nell’avvio del cantiere dell’Hydrogen Hub promosso da AcegasApsAmga per sviluppare un ecosistema energetico basato sull’idrogeno verde. «Stiamo realizzando un impianto di scala industriale tra i primi in Italia», ha spiegato Carlo Andriolo, ad della società che sta investendo 200 milioni di euro in tre anni in regione per migliorare le reti elettriche e a gas.
Tre i fronti aperti a Trieste, anche grazie ai fondi Pnrr: il raddoppio della capacità della rete elettrica, gli interventi per aumentarne la resilienza di fronte ai picchi di consumo e la digitalizzazione dell’infrastruttura. «Sarà un futuro di collaborazione perché la transizione energetica è un ecosistema che si muove insieme», ha sottolineato Andriolo. «Gli investimenti che stiamo facendo solo legati alla competitività del territorio».
Tra gli obiettivi del progetto Smart Grid c’è infatti anche quello di abilitare il cold ironing nel Porto di Trieste, consentendo alle navi che attraccano di spegnere i motori e agganciarsi alla rete elettrica direttamente in banchina. «Bisognerà vedere se poi lo faranno», ha avvertito l’assessore regionale all’Ambiente Fabio Scoccimarro. «Funziona solo se è conveniente. Se lo fa solo Trieste, un armatore potrebbe pensare di deviare su Capodistria ed essere competitivo sui noli. A meno che non si obblighi tutta Europa ad adeguarsi».
Alla necessità di un intervento più deciso dell’Europa si è appellata anche Anna Mareschi Danieli, vicepresidente di Abs. «Vorremmo che ritornasse ad avere un ruolo centrale tra Stati Uniti e Cina. Invece sembra che verrà schiacciata all’interno dell’asse atlantico-asiatico, subendo le decisioni da un punto di vista energetico, della sicurezza, della finanza», ha scandito l’imprenditrice.
Scettica anche sull’ipotesi che possa replicarsi in Italia un progetto simile a quello portato avanti dal gruppo Danieli in Svezia sull’acciaio verde. «Il progetto è scalabile, ma in Italia non c’è l’environment che rende quel progetto sostenibile economicamente». A partire dagli alti costi dell’energia. «Ben venga qualsiasi incentivo che possa salvare il bilancio annuale, ma quello di cui un’impresa energivora ha bisogno sono interventi strutturali», ha aggiunto Mareschi Danieli.
Le ha fatto eco il presidente di Banca360 Luca Occhialini: «Il nemico peggiore per l’imprenditore è l’incertezza. Molte aziende hanno già abbracciato la transizione come motore del futuro e si stanno attrezzando. Le piccole fanno più fatica, ma non vuol dire che siano estranee al percorso di visione».
Per l’ad di Hera Comm Isabella Malagoli, la transizione oggi «è un’ottimizzazione vincolata. Le imprese cercano soluzioni di medio termine e hanno difficoltà a finanziare in totale autonomia questi progetti. Anche le piccole sono sensibili all’idea di sviluppare competitività costruendo resilienza in ambito energetico, ma hanno bisogno di supporto, sia in termini finanziari sia in termini di strumenti». —
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