Tribunale civile di Trieste intasato: «Impennata di richieste di protezione»

Il presidente Rifiorati fa il punto: giudici travolti dalle pratiche legate all’immigrazione, si accorciano i tempi dei processi penali. Resta grave la carenza di personale

Maria Elena Pattaro
Il presidente del Tribunale, Igor Maria Rifiorati (Silvano)
Il presidente del Tribunale, Igor Maria Rifiorati (Silvano)

La giustizia a Trieste viaggia a due velocità. Quella penale ha accelerato il passo rispetto all’epoca pre-Covid. Quella civile, invece, ha rallentato moltissimo, intasata dalle migliaia di richieste di protezione internazionale presentate dai migranti della rotta balcanica. E così i tempi dei processi si sono allungati del 50% per cento.

Procura di Trieste con pochi pm e impiegati, due magistrati cambieranno incarico
La facciata del Tribunale di Trieste in Foro Ulpiano

Entrambe le sezioni soffrono di una grave carenza di personale: mancano magistrati, cancellieri, amministrativi. A fare il punto sulle condizioni di salute dell’apparato giudiziario triestino è il presidente del Tribunale Igor Maria Rifiorati, al giro di boa del suo primo mandato. Originario di Udine, il magistrato ricopre la carica dal 2023, dopo una lunga permanenza in Corte d’Appello.

Presidente, com’è la situazione complessiva?

«Teniamo botta, le criticità sono innegabili. Mi riferisco alla carenza di organico, a fronte di una notevole mole di lavoro. L’impegno dei magistrati e del personale non manca. Cerchiamo di fare davvero il massimo. Il buon servizio è garantito però attraverso sacrifici personali».

Un risvolto concreto per i cittadini riguarda i tempi della giustizia. Quanto durano i processi a Trieste?

«Va fatta una distinzione tra penale e civile. E una precisazione sull’indicatore preso in considerazione: parliamo di disposition time, che fornisce una previsione della durata. Nel penale, questo indicatore si è contratto del 35% rispetto al 2019. Prima del Covid la durata era di 221 giorni, ora siamo scesi a 140. Il Pnrr fissava come obiettivo la riduzione del 25%».

Il civile invece è un tasto dolente?

«Al civile i tempi si sono allungati enormemente. Dovremmo ridurre il disposition time del 40%, invece siamo a una dilatazione del 50%. Non solo: il Pnrr impone anche di smaltire il 90% dei fascicoli pendenti (quelli aperti tra il 2017 e il 2022, ndr). Noi finora ne abbiamo smaltiti soltanto il 63%».

Perché questa sezione arranca?

«Il fattore decisivo è la mole di richieste di protezione internazionale. Ci sono migliaia di nuovi procedimenti civili ogni anno, ma nel 2024 c’è stata un’impennata di iscrizioni: 7.408, il 40% in più rispetto all’ultimo quinquennio. È come se in un anno fosse arrivato il carico di lavoro di un anno e mezzo. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta proprio di protezione internazionale legate alla rotta balcanica. A queste si sono aggiunte anche le richieste di cittadinanza soprattutto di oriundi sudamericani. È una pratica di cui si occupavano ambasciate e consolati e che adesso grava sulla magistratura».

La tempesta perfetta...

«Siamo stati travolti. Se n’è reso conto anche il ministero, che ci ha assegnato un magistrato extra distrettuale applicato da Catania, fino a luglio. Al civile i magistrati sono 11 su 17 più l’apporto temporaneo. Quattro di loro si dedicano alla protezione internazionale: più di così non possiamo fare altrimenti si bloccano gli altri settori. A onore dei colleghi va detto che, pur nelle difficili condizioni appena descritte, c’è stato il record di definizioni di cause civili».

Nel penale quali sono i procedimenti che incidono di più?

«Quelli legati all’immigrazione clandestina, con l’arresto dei passeur, che rappresentano l’altra faccia della rotta balcanica. E i reati da Codice rosso».

Tornando al nodo organici, anche al penale mancano magistrati?

«Sì, ne abbiamo 9 su 13, più l’apporto del presidente del tribunale».

Perché la macchina funzioni servono anche cancellieri e amministrativi...

«Il quadro è drammatico: tra il personale a tempo indeterminato la scopertura è del 45% sulla carta, effettiva del 51%».

Quali strumenti ha per porre rimedio?

«Nessuno. Posso sollecitare l’amministrazione, ma le criticità della giustizia sono generalizzate in tutto il Paese. Entro fine anno, se siamo fortunati, dovremmo coprire sette posti tra i magistrati, tra cui quelli vacanti del presidente della sezione gip e del presidente della sezione civile. Ma non è detto che sia una boccata d’ossigeno: in alcuni casi potrebbe trattarsi di un trasferimento da un ufficio all’altro di personale già in servizio».

Un palliativo, insomma...

«C’è da sperare che gli addetti all’Ufficio per il processo (Upp) assunti con il Pnrr rimangano. Le convenzioni siglate in questi anni con la Regione Fvg, che ha distaccato personale in tribunale, e con l’Università di Trieste ci hanno permesso di avere un po’ di sollievo. Purtroppo non basta». ​​​​​​

Riproduzione riservata © Il Piccolo