Trieste, a rischio il processo contro l'ex capo della squadra mobile

Il disegno di legge sul "processo breve" non dovrebbe provocare gravi problemi nella gestione dei processi di primo grado. A rischio invece, seppur in linea teorica, il processo contro il vice questore Carlo Lorito, la cui sentenza sarà pronunciata entro la fine di gennaio
TRIESTE.
Il disegno di legge «salva-premier», conosciuto anche come «processo breve» a Trieste non dovrebbe provocare sconquassi nella gestione dei processi di primo grado. Nè tra quelli celebrati dai giudici «monocratici», e tantomeno tra quelli che approdano all’aula del collegio. Il limite dei due anni di tempo per andare a sentenza è sempre rispettato.


Potrebbe teoricamente essere a rischio il dibattimento che vede sul banco degli accusati il vice questore Carlo Lorito. Ma l'istruttoria dibattimentale è conclusa e la sentenza sarà pronunciata entro la fine di gennaio. Diversa la situazione per la Corte d’appello a cui spetta l’eventuale vaglio di tutte le sentenze pronunciate dai giudici di primo grado di Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone e Tolmezzo.


Il rispetto dei nuovi tempi ancora da definire nei dettagli, è a rischio non per carenze di organico nei magistrati, bensì per i vuoti spaventosi che si sono aperti in questi anni e che si vanno approfondendo tra il personale amministrativo e di cancelleria ridotto al lumicino e con il turn-over bloccato per i tagli negli stanziamenti per la Giustizia effettuati dal Governo Berlusconi.


I tempi perché un fascicolo appellato passi da una cancelleria del Tribunale a quella della Corte d’appello, si valutano ormai in parecchi mesi. Lo ha detto ieri un magistrato che ritiene che il rischio prescrizione si annidi proprio in questi uffici. Se non verranno ripristinati i livelli di occupazione previsti dalla pianta organica, difficilmente il processo breve potrà evitare le temute prescrizioni.


Chi invece cerca le prescrizioni potrà gioire. Nelle ultime ore la struttura, ma anche i dettagli del disegno di legge, sono finiti sotto la lente di ingrandimento: scopo dichiarato valutare la portata, misurare gli eventuali danni, cercare soluzioni nonostante i vuoti tra il personale e le regole che negli ultimi 25 anni hanno reso il processo penale sempre più lungo e complesso. Una sorta di percorso a ostacoli e trabocchetti per i magistrati e gli imputati comuni.


LA SITUAZIONE A GORIZIA.
La riduzione a 6 anni per la durata massima di un processo, scandita in due anni per ciascun grado di giudizio a decorrere dalla richiesta di rinvio da parte del Pubblico ministero al Gip, in sede di primo grado, prospettata dal disegno di legge del Governo depositato al Senato, in ordine al cosiddetto ”Processo breve”, incombe anche sull’attività del Tribunale di Gorizia con tutto il suo bagaglio di incognite e preoccupazioni.


La proposta, qualora venisse approvata e applicata in termini retroattivi anche ai processi in corso, potrebbe ”azzerare” di fatto innumerevoli procedimenti per intervento dell’estinzione. Un problema che si pone in particolare in sede di primo grado, oltre al rischio di improcedibilità per ulteriori, futuri processi di ampia portata sotto il profilo della gravità dei reati contestati. Si affaccia anche l’interrogativo attorno al destino dei processi per amianto.


Per il quale le prime interpretazioni sembrano divergere: se c’è chi sostiene che, teoricamente, questi procedimenti dovrebbero venir esclusi dal processo breve, trattandosi di materia legata al lavoro, altri legali, invece, mantengono i dubbi riservandosi approfondimenti. Una situazione, insomma, ancora aperta.


Il presidente della Camera penale di Gorizia, l’avvocato Riccardo Cattarini, osserva: «Il termine dei 6 anni per la durata massima dei processi nei tre gradi di giudizio è ragionevole, non a caso è quello indicato dall’Unione europea. Tutto bene? Per nulla. Non si accelerano i processi solo mettendo dei limiti massimi alla loro durata. È come voler far andare più veloci i treni solo cambiando l'orario. È un problema, innanzitutto, di strutture: il nostro sistema giudiziario, soprattutto penale, è fatiscente e sconta difetti storici che nessuno ha mai pensato di eliminare».


Cattarini passa in rassegna i punti principali, citando la questione legata alla mancata depenalizzazione, alla mancata revisione delle norme su contumacia e irreperibilità, alla mancata revisione dell’organizzazione degli Uffici giudiziari. «Il Governo - aggiunge - ha scelto la strada, dirompente, di un intervento ”secco” sulla durata del processo, senza intervenire su tutto il resto. Lo fa affrettatamente, minando, forse definitivamente, la credibilità della Giustizia nei cittadini».


Il legale ritiene altresì che i procedimenti in ordine all’amianto sarebbero da escludere nell’ambito del processo breve, trattandosi di materia legata al tema del lavoro. Quindi mette in evidenza un’ulteriore incongruenza: «Le nuove norme escludono dalla durata massima alcuni reati e non c’è un minimo di ragionevolezza: un processo contro un accusato di violenza sessuale, di una grossa truffa, di fatti di bancarotta, di corruzione di un pubblico funzionario (di un testimone?) dovrà necessariamente concludersi entro sei anni. Potranno invece durare all’infinito quelli per un piccolissimo incidente stradale, per un furto di qualcosa da mangiare in un supermercato, o quello contro quel cittadino che, magari 20 anni prima, ha avuto anche una lievissima condanna».


Il presidente della Camera penale di Gorizia considera un altro aspetto: «Le nuove norme si applicheranno anche ai processi in corso: cosa racconteremo alla vittima di un delitto che per anni ha cercato di far condannare, anche con spese talvolta ingenti, e non solo per la difesa, chi ha commesso il reato? Cosa penseranno i cittadini quando il processo contro chi li ha truffati, contro il medico accusato di aver cagionato la morte di un persona cara, o contro un violentatore, finiranno con un provvedimento che dirà solo: ”processo estinto ai sensi si legge?”. Speriamo che il Parlamento ci pensi, una legge così non è un passo nella direzione della civiltà giuridica».
(Franco Femia)
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