Trieste, caso Peperino: «Società di facciata per evadere le tasse»

TRIESTE Peperino & co.: una ragnatela - quasi inestricabile - di società di facciata e di comodo. Che venivano utilizzate come scatole vuote, gestite solo apparentemente da prestanome. I soldi finivano nei forzieri, o meglio nei conti realizzati per custodire, indenni dalle tasse, gli utili.
E tutto appunto per evadere il fisco. Emerge sostanzialmente questo schema operativo dall’inchiesta del pm Federico Frezza sulla cosiddetta “pizza connection” triestina.
Inchiesta che ha portato al sequestro preventivo di un appartamento - intestato all’avvocato napoletano Nicola Taglialatela, 49 anni, - al quarto piano dello stabile di piazza Venezia 4. Sequestro - convalidato dal gip Laura Barresi - che è stato attuato per congelare la cifra di 110mila euro di tasse non pagate in prospettiva della confisca per equivalente.
In particolare Taglialatela è finito nei guai in qualità di proprietario della maggioranza delle quote della società Gi.De.Pa. ed è ritenuto assieme a Pietro Savarese, 49 anni, il marito della ex miss Italia Susanna Huckstep e che è gestore operativo della pizzeria Peperino di via del Coroneo, amministratore di fatto della stessa Gi.De.Pa., fino al 2014 proprietaria del locale di Trieste e indirettamente anche di quello di Udine.
In particolare Savarese e Taglialatela sono accusati dal pm Frezza di non aver presentato la dichiarazione Ires e di aver conseguito, si legge nel capo di imputazione, «utili in nero» desunti anche dai documenti rinvenuti dalla Guardia di finanza nel bagagliaio dell’auto (una Fiat 600) della Huckstep, appunto la moglie di Savarese, durante la perquisizione effettuata nell’estate dello scorso anno, esattamente il 27 luglio.
Nei guai è finito anche Gioacchino Serafino, 63 anni. È il liquidatore della società Gi.De.Pa. La persona cioè che avrebbe dovuto portarla prima del 2014, dopo averla svuotata, alla morte finanziaria. Cedendo i beni che non c’erano. La sede era in via del Coroneo, dove appunto c’è la pizzeria Peperino.
Il “nero” - scoperto dalla Finanza - ammonta a 400mila euro a cui corrisponde appunto un’imposta evasa di 110mila. La complessa ragnatela della “pizza connection” triestina parte dalla società Pikkius, una srl cui la Gi.De.Pa faceva appunto capo. Secondo il pm Frezza gestiva tramite Savarese la pizzeria Peperino di via del Coroneo. Dagli accertamenti è emerso che la società era stata rilevata da due pensionati.
Si chiamano Giovanni De Padova e Rita Lucivero, ex macellaio lui e badante lei. Entrambi sono risultati essere nullatenenti che conducono una vita modesta ad Afragola, in provincia di Napoli. Si tratta, secondo il pubblico ministero, di due prestanome.
Prova ne sia il fatto che il 27 giugno 2014 Taglialatela aveva ceduto per appena 5mila euro le quote della Pikkius alla coppia di pensionati di Afragola.
Insomma per De Padova e la moglie badante un vero e proprio affarone se si pensa all’entità del giro d’affari dietro alle pizzerie della catena Peperino. Anche perché dalle indagini è emerso poi che una società sorella di quella triestina, la Pikkius Hdl a cui fa riferimento la pizzeria Peperino di Udine, è a sua volta di proprietà della stessa Pikkius di Trieste gestita appunto da Savarese.
Ma ci sono altri elementi investigativi degni di attenzione. Il liquidatore della società Gioacchino Serafino, interrogato dai finanzieri, ha riferito di non aver mai detenuto la documentazione relativa alla Gi.De.Pa. Smemorato? Distratto? Nessuno lo saprà mai.
Certo è che ha affermato di aver ricevuto l’incarico di liquidatore della società dal cognato e che, per tale attività, il suo compenso - ha detto - è stato di 100 euro al mese. Insomma, quella che emerge dai primi elementi è una contabilità parallela. In pratica c’era quella ufficiale con le perdite e poi quella reale con gli utili.
Uno schema che è andato avanti fino al 2016 quando si è costituita la Pepe1, una srl che gestiva la pizzeria Peperino all’interno della quale Savarese risultava dipendente, mentre soci dell’impresa erano la Essedue srl (inoperosa) e tale Lorenzo Rosso che ne era amministratore unico.
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