Trieste, la mini funivia del Carso che fa invidia all’Austria FT/VD

TRIESTE Una funivia sull'altipiano carsico. Potrebbe sembrare un annuncio folle, una boutade da campagna elettorale. E invece la funivia esiste già ed è perfettamente funzionante. Anche se non si tratta di un impianto a disposizione di escursionisti e di improbabili sciatori, dal momento che le misure delle cabine non superano i venti centimetri di lunghezza.
La costruzione di questo impianto a fune si deve a Roberto Masi, 48 anni, residente a Trebiciano. L'azienda in cui lavorava come tecnico telefonico ha ridotto drasticamente il personale agli inizi degli anni Duemila. Da allora Masi ha svolto una marea di piccoli lavoretti, ma fondamentalmente è rimasto disoccupato.
Una condizione, la sua, difficile da gestire, «specie se non si ha vent'anni e si deve mantenere una casa». «La costruzione di questa funivia - ammette Masi - mi ha salvato dalla depressione. Mi è servita per occupare l'enorme quantità di tempo libero a disposizione e per orientare le mie energie e capacità».
Quella di Masi è una passione nata per caso, dopo aver realizzato nel 2011 una protezione, comandata a distanza, per salvare dalla grandine le piante di geranio. «Terminato quel progetto mi è scattato qualcosa dentro - ricorda - . Sarà stato l'appagamento per un lavoro fatto bene, fatto sta che con il materiale avanzato ho deciso di assecondare un interesse che già da piccolo avevo manifestato, quando andavo a camminare in montagna con i miei genitori e osservavo con meraviglia il viavai delle funivie».
L'impianto costruito da Masi nel giardino della sua casa di Trebiciano, quella adiacente alla chiesa che si trova in piazzetta, non solo è funzionante, ma è il frutto di un'attenta ricerca e di una continua riprogettazione che è durata cinque anni. Le prime cabine, quelle utilizzate per i primi esperimenti, sono state realizzate con delle vaschette di gelato.

Il meticoloso studio e l'abnegazione di questi ultimi anni hanno portato Masi a costruire due perfette riproduzioni delle cabine che salgono al Plateau Rosa, sul versante italiano del Cervino. Sotto lo sguardo attento, «a volte perplesso», della moglie Loredana e dei cinque gatti di casa, soprannominati «i gatti delle nevi», Masi ha tirato su quattro funi portanti in inox di quasi 13 metri, oltre a una fune traente zincata di un millimetro di spessore.
Dopo aver montato i due pilastri in alluminio di 60 e 80 centimetri, è passato alla costruzione delle due stazioni. Utilizzando materiali come il vetro, l'alluminio, il ferro e la pietra, ha messo in piedi la stazione motrice a monte e quella tenditrice a valle.
Ma il vero e proprio gioiello di questa piccola impresa è stata la realizzazione di quello che è il cuore e il cervello dell'intero impianto. All'interno di una vecchia stalla, riutilizzata come capanno degli attrezzi, Masi ha sistemato quello che in gergo viene definito il “pulpito di controllo”.
Si tratta di una serie di pannelli pieni di bottoni, leve, spie e monitor, attraverso i quali viene gestita la marcia delle due cabine. Qui l'alimentazione viene trasformata da 220 a 12 Volt. Qui si trovano i due motori elettrici da 60 Watt. Da questo capanno Masi detta i tempi all'impianto: gestisce la chiusura delle porte, controlla sugli schermi le immagini inviate dalle webcam montate sulle cabine, verifica la temperatura dei motori.
Sul pannello vengono registrate le eventuali anomalie di funzionamento. Un esempio? Se l'anemometro rileva una raffica di vento troppo forte, le cabine vengono bloccate immediatamente, proprio come avviene nella reale operatività di questo tipo di impianti.

Masi veste i panni dell'ingegnere, del manovratore e dell'informatico. È lui a impostare i software che gestiscono la linea. È lui a decidere la velocità, minima e massima, e a scegliere il livello di accelerazione e decelerazione delle cabine. Al mondo sono poche le persone ad avere questa passione. In Italia ce ne sono due. Una vive a Merano e l'altra ad Avellino. Con entrambi Masi è in contatto, «per scambiarci idee e consigli».
Gli estimatori del suo ingegno, però, suonano alla sua porta ogni pomeriggio. Sono alcuni bambini del paese accompagnati dai rispettivi nonni. Per loro l'impianto è sempre in funzione «e senza dover ricorrere all'acquisto dello skipass». «Provo molta soddisfazione - così Masi - . Ho la sensazione che questi miei sforzi siano utili e vengano apprezzati da qualcuno».
Apprezzamenti che nel frattempo sono giunti a Trebiciano anche dall'Austria, direttamente dalla Doppelmayr, azienda leader mondiale nella costruzione degli impianti a fune. «Mi hanno riempito di gadget - spiega con orgoglio Masi - . Una cosa non da poco, se si considera che gran parte di questo lavoro è stato fatto con del materiale trovato in discarica».
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