Trieste, maltrattamenti in aula, maestra indagata

L’insegnante, in servizio alla Morpurgo, è accusata di aver umiliato e vessato un bimbo di 8 anni con deficit di attenzione
Un bambino piange in un angolo
Un bambino piange in un angolo

TRIESTE Ha 63 anni ed è una maestra di matematica in servizio alla scuola elementare Morpurgo dell’istituto comprensivo Campi Elisi. È finita nei guai con l’accusa di aver maltrattato psicologicamente durante l’anno scolastico 2012-2013 un ragazzino di 8 anni già sofferente di un disturbo dell’attenzione da iperattività. In particolare la maestra è accusata dal pm Massimo De Bortoli, il magistrato titolare del fascicolo, di aver provocato al bambino, peraltro già seguito dai medici del reparto di Neuropsichiatria infantile del Burlo, un continuo stato di disagio, paura e spavento.

Situazioni che - sempre secondo il pm - hanno provocato cambiamenti nei comportamenti del piccolo alunno: dalle frequenti e violente crisi di pianto alla perdita di autostima. Il pm De Bortoli ha chiesto il rinvio a giudizio dell’insegnante. L’udienza davanti al gip Laura Barresi è stata fissata per domani. La donna è difesa dall’avvocato Giorgio Borean.

La vicenda è drammaticamente esplosa nel mese di aprile del 2013, quando i genitori del bambino hanno sporto denuncia. Subito dopo hanno preso il via le indagini coordinate dal pm De Bortoli. E i poliziotti della sezione di polizia giudiziaria hanno avviato discretamente una serie di accertamenti all’interno della scuola di Campi Elisi. Alla fine si è delineato un pesante quadro accusatorio che peraltro è sempre stato respinto con decisione dalla maestra finita sotto tiro.

Nel corso degli accertamenti, secondo gli inquirenti, sono emersi diversi e allarmanti episodi. Il più clamoroso è stato quello - così emerge nel capo d’accusa - delle cosiddette squadre di intervento create dall’insegnante per aiutarla a bloccare il ragazzino durante i suoi momenti di irrequietezza e aggressività. In particolare il piccolo veniva, su ordine della maestra, “placcato” e immobilizzato dagli altri bambini organizzati appunto in specifiche quanto incredibili squadre di intervento formate da maschi e femmine.

Ma c’è di più. Da metà febbraio 2013 la maestra ha riportato su un calendario affisso in classe una faccina con fattezze negative allo scopo di rappresentare il comportamento tenuto in quello specifico giorno dal ragazzino nel mirino. Insomma, secondo l’accusa, in questo modo l’insegnante ha inventato una sorta di pubblica gogna, umiliando il bambino che veniva chiamato, sulla base di quanto accaduto nelle ore precedenti, ad autoassegnarsi la faccina da incollare sul calendario.

Le indagini hanno portato alla luce decine di episodi di presunti maltrattamenti o, per usare la definizione del pm, di abusi di mezzi di correzione, messi in atto dalla maestra di matematica. Per esempio nei primi giorni di scuola la docente aveva premiato con degli stickers tutti gli alunni della sua classe per un lavoro svolto, escludendo il ragazzino “problematico” che l’insegnante aveva definito “lento”.

Dal mese di dicembre del 2012 lo scolaro al centro di questa vicenda aveva spesso disturbato in classe. Aveva riso a squarciagola durante le lezioni e poi altrettanto frequentemente aveva corso su e giù per l’aula facendo dei dispetti ai compagni. Una serie di comportamenti per i quali, secondo il pm De Bortoli, la mestra ha progressivamente adottato un atteggiamento ritenuto sempre più critico e svalutativo nei confronti del bambino. Al punto da escludere di fatto il piccolo dall’attività scolastica. Il bambino infatti veniva regolarmente mandato fuori dall’aula in punizione. Quasi che la maestra non si rendesse conto che quel comportamento era un fatto da curare e non da reprimere. Questo, come osserva il pm, a differenza degli altri insegnanti che hanno adottato dei minimi accorgimenti secondo i più basilari principi della pedagogia.

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