Trieste, profughi aumentati del 320% in due anni

Famulari: «Strutture pubbliche al completo, i privati mettano a disposizione le loro case»
Stracci, cartoni e rifiuti di ogni tipo nei bivacchi ricavati dentro al Silos
Stracci, cartoni e rifiuti di ogni tipo nei bivacchi ricavati dentro al Silos

TRIESTE Una crescita esponenziale nel numero degli arrivi di profughi: +320% in meno di due anni . Dopo l'appello lanciato alla Regione da Roberto Cosolini per fronteggiare l’emergenza, è l'assessore al Welfare Laura Famulari a rincarare la dose. Uno “sfogo”, il suo, che chiama in causa gli amministratori dei Comuni vicini, invitati a dare il proprio contributo alla sfida dell’accoglienza.

A Trieste i profughi toccano quota 984. Cosolini: «Adesso basta»
Due ospiti del Silos durante un momento di preghiera

«In questi mesi - afferma Famulari - si evidenzia un aumento preoccupante dei richiedenti che rimangono, in una prima fase, privi di immediata accoglienza», a causa della crescita dei flussi e della mancanza di un hub che assorba il primo impatto. Il risultato, sotto gli occhi di tutti ormai da settimane, sono i bivacchi all’interno degli spazi fatiscenti del Silos. «Un hub di modeste dimensioni a Muggia permetterebbe un assestamento - prosegue Famulari -. A Nerio Nesladek quindi dico che tutti i territori devono fare la loro parte».

Le cifre diffuse dal Comune, del resto, parlano chiaro: ad oggi a Trieste ci sono 984 profughi, di cui 715 richiedenti asilo, 119 inseriti nel sistema lo Sprar e 150 minori non accompagnati. I richiedenti erano 227 nel gennaio 2014: l'aumento è pari quindi al 320%, a riprova di flussi che dal novembre scorso hanno registrato una crescita quasi costante, da quando gli arrivi prodotti dall'operazione Mare Nostrum nel Canale di Sicilia sono stati superati dalle fughe lungo la rotta balcanica.

Trieste, profughi trasferiti dal Silos a Valmaura
Il capannone di via Rio Primario adibito a dormitorio (foto Lasorte)

Una relazione prodotta dagli uffici municipali descrive l'aumento come «un cambiamento strutturale inevitabile», gestibile tuttavia con «una forte regia istituzionale» e un’accoglienza diffusa, che riduca al minimo l'ospitalità nelle grandi strutture, separate dal contesto sociale e dunque incapaci di creare consuetudine fra residenti e accolti, con l'effetto di non ridurre la percezione del pericolo. Perché, al di là delle difficoltà organizzative, per Palazzo Cheba di percezione si tratta: Famulari spiega infatti che «non ci sono problemi di ordine pubblico».

L'assessore attribuisce il merito alla convenzione attivata nel 2013 da Comune e Prefettura, con cui i due enti cercano di garantire ai non inclusi nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (la maggioranza, dato che i posti a Trieste sono solo 119) un trattamento simile a quello dello Sprar. Una soluzione ponte, che vede il Comune collaborare con Ics e Caritas.

Il modello è quello dell'accoglienza diffusa, cioè l'ospitalità in appartamenti per 4-5 persone. Gli immobili sono al momento 42, presi in affitto dall'Ics sul mercato privato e distribuiti su tutto il tessuto urbano per evitare concentrazioni. Vi si sommano 12 strutture situate fra Trieste e Comuni limitrofi, affidate all'Ics o alla Caritas: edifici dai 20 ai 50 posti, raggiungibili dal centro in autobus.

Capannone dei profughi, arrivano i letti
Lasorte Trieste 01/09/15 - Silos, Profughi

Unica eccezione è il capannone di Rio Primario, con i suoi 90 letti. Nell'elenco figurano infine due alberghi e alcuni residence, sedi temporanee in cui i profughi aspettano di essere spostati all'accoglienza “ordinaria”. In tutti i casi è assicurata la presenza di operatori sociali: a volte per 24 ore su 24, altre per l'accompagnamento nelle attività d'assistenza, nell'inserimento lavorativo e nelle pratiche burocratiche.

Ma i posti non bastano più, con i rifugiati giunti allo 0,36% dei 235mila abitanti della provincia. Da qui l'allarme di Cosolini su un'accoglienza che sfora ormai di oltre il 30% i numeri pensati dalla Regione per Trieste e provincia (550 unità). Famulari concorda: «Spetta alla Regione trasferire altrove l'eccedenza. Abbiamo riempito tutte le strutture disponibili: chiedo dunque ai privati interessati di mettersi in contatto con Comune o Prefettura per offrire appartamenti in affitto a canoni di mercato».

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