Trieste, il rione ferito ora argina le violenze:«Ma piazza Perugino va ripensata»

Le voci dei residenti. Efficaci la chiusura anticipata dei locali e i controlli. Ha già aperto il nuovo centro culturale islamico

Laura Tonero
Piazza Perugino Foto Andrea Lasorte
Piazza Perugino Foto Andrea Lasorte

«Sembra di vivere in una zona di estrema periferia, che si accende di giorno e la sera si trasforma in un dormitorio, ma quantomeno da quando hanno rafforzato i controlli, non incendiano più cassonetti, lo spaccio è meno evidente, non si registrano risse e la piazza non è ostaggio di bande di violenti». Stefano Barone vive da vent’anni nella zona di piazza Perugino, uno dei punti caldi della città da oltre un anno, che oggi rientra nella zona rossa ed è anche oggetto dell’ordinanza del sindaco che limita l’orario di chiusura dei pubblici esercizi. «Più che la zona rossa – valuta Barone – a salvarci è la chiusura imposta ai locali, che attiravano in zona gente assurda, molesta, molti sudamericani che ci tenevano svegli fino all’alba».

I problemi restano

Sia chiaro, i problemi restano, eccome. «Lo spaccio c’è – conferma Tamara Radin che vive in un appartamento che si affaccia proprio sulla piazza – ma per ora non si vedono le bande che monopolizzavano la piazza, seminando la paura». A rassicurare chi vive e chi lavora in quel quartiere sono «i passaggi un po’ più frequenti delle forze dell’ordine – testimonia il gestore di un negozio che vive anche in zona – già da metà pomeriggio e anche la notte». Il timore dei residenti è che «il disastro dello scorso anno si ripresenti appena arriva la bella stagione – così Radin – anche se qualcuno mi ha riferito che alcuni degli stranieri che la passata estate avevano trasformato la piazza in un punto di riferimento dello spaccio, siano stati trasferiti o, in alcuni casi, siano stati denunciati».

Il centro islamico

L’ ingresso del nuovo centro culturale islamico Foto Lasorte
L’ ingresso del nuovo centro culturale islamico Foto Lasorte

Mesi fa a preoccupare chi vive in zona era anche l’annunciata apertura di un nuovo centro culturale islamico in via Settefontane 28. Il centro “Said Nursi” ormai è operativo. È un centro, come si evince dal logo appiccicato al vetro, affiliato a Ditib Italia, l’Unione turco-islamica per gli affari religiosi, la più grande associazione islamica presente in Germania e che in Italia ha già centri a Como, Imperia, Milano, Venezia e Modena. «Non stiamo registrando alcun tipo di problema – dice chi ha attività nelle vicinanze – c’è un flusso moderato di persone».

L’area è degradata

Via Settefontane Foto Lasorte
Via Settefontane Foto Lasorte

L’area è degradata. La stessa via delle Settefontane non è più la stessa, con negozi di riferimento per il quartiere che spariscono, i prezzi delle abitazioni più bassi rispetto a quelli di zone limitrofe. Lì, ad esempio, l’ondata di turisti che ha travolto un po’ tutta la città non si intravvede neppure.  «Vediamo belle riqualificazioni in centro – sostiene Sonia Berini – mentre qui la piazza è in uno stato di abbandono». Gli scarabocchi dei writer coprono gran parte del cemento, il verde è incolto, la pavimentazione versa in pessime condizioni. C’è chi comunque sosta sulle panchine, fa fare il giretto al cane, passeggia avanti e indietro con il passeggino. «Questa piazza è desolante – aggiunge – abbandonata, servirebbe un’azione radicale, magari inserendo giochi per i bimbi. Se si lascia una piazza in quello stato, chi ha cattive intenzioni se ne impossessa».

Un'altra veduta di piazza Perugino Foto Lasorte
Un'altra veduta di piazza Perugino Foto Lasorte

Progetto orribile per la piazza

Per molti residenti, quando negli anni Novanta si decise di ridisegnare la piazza, «si scelse un progetto orribile, che l’ha snaturata», denuncia Livio Coretti. «Le piazze – constata – nascono per unire quello che c’è intorno, invece qui, per costruire il parcheggio, si decise di creare questa sorta di struttura rialzata. Che crea una separazione tra il centro e il resto della piazza». E fa notare: «Anche in termini di sicurezza credo non sia stata una gran trovata, visto che da sotto si fatica a scorgere quello che succede sopra». Oramai però il pasticcio è fatto, e «penso si contenda il premio del progetto non riuscito con piazza Goldoni e piazza Vittorio Veneto, ma almeno lì non ci sono incuria, scritte e verde abbandonato», commenta ironico Gianni Vouch seduto allo storico bar Catina, aperto appunto dalla signora Catina nel 1932. Un locale riferimento per il quartiere, «dove la sera capita che qualcuno faccia un po’ di confusione, ma quelli coinvolti nelle risse e nello spaccio evitano questo locale», sostiene Vouch. 

 

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