Trieste, sala mostre di 40 metri al poligono di tiro di Opicina
Gli spazi dell’impianto dedicato all’addestramento per l’uso di armi da fuoco saranno usati per l’esposizione “Escave” che denuncia la follia delle guerre

Denunciare la follia delle guerre, “grande fallimento dell’uomo”, esponendo quadri e composizioni fotografiche illuminate all’interno del poligono di tiro di Opicina, scelto apposta con l’obiettivo di evidenziare l’assurdità dei conflitti. Sarà inaugurata venerdì, alle 15, nella galleria di 40 metri dell’impianto di strada per Vienna, la rassegna intitolata “Escave”, dell’artista Luigi Tolotti, al quale faranno da contraltare musicale le proposte di Alexey Grankowsky.

«Questa mostra – spiega Tolotti – si inserisce in un mio personale percorso di ricerca, iniziato negli anni Ottanta, nel quale, a stadi progressivi, ho abbinato la fotografia al colore, curando in particolare la modifica che può generarsi sull’immagine in base alla luce che la colpisce. Avevo già fatto una simile proposta artistica in occasione dell’EuroScience Open Forum, noto come Esof svoltosi a Trieste. Non a caso ho intitolato la mostra “Escave”, che abbina i termini “es”, cioè l’inconscio, e “cave”, caverna, rimandando alla caverna di Platone».
L’aggancio con il tema della guerra sarà visibile nelle immagini che i visitatori incontreranno vicino all’ingresso, relative a episodi della Prima guerra mondiale e che fanno parte dell’album di famiglia dello stesso Tolotti.
«In quel conflitto – precisa l’autore – combatterono uno contro l’altro, perché uno facente parte dell’esercito italiano e l’altro di quello austriaco, mio nonno e un mio prozio. La riflessione da fare è appunto questa, e cioè se l’uomo rinuncia a scavare dentro se stesso, cercando le giuste ragioni che possono fungere da base a comportamenti consapevoli, può rimanere preda di pressioni esterne che tendono a fargli assumere atteggiamenti ostili, fino a combattere contro altri uomini e senza sapere il perché. L’essenziale è analizzarsi in profondità per capire cosa siamo in realtà, in modo da non essere vulnerabili a narrazioni esterne che possono portare a identificare nemici che non sono tali».

E su questo ragionamento si inserisce la scelta di ospitare la rassegna al Poligono di Opicina. «L’arma – riprende Tolotti – invece di essere strumento di offesa verso gli altri, può servire quale mezzo di introspezione, perché comporta una componente di concentrazione in se stessi. In sostanza bisogna sempre partire da noi. Il contrasto con il Poligono, che nell’immaginario collettivo è spesso visto come un luogo nel quale le persone vanno per sfogare un determinato tipo di istinto, può invece diventare, se si coglie l’occasione per fare una sorta di indagine interna a noi stessi, un dialogo inedito. In altre parole l’impianto nel quale presenterò le mie opere servirà, almeno questo è il mio auspicio, a riflettere sul fatto che la guerra va rifiutata per principio, in quanto l’uomo che viene avviato a combatterla perde la sua principale caratteristica, quella dell’umanità. I conflitti servono per mettere l’uno contro l’altro persone che invece potrebbero normalmente dialogare, scambiarsi idee, fraternizzare».
Complessivamente, saranno esposte una quarantina di opere; la prima metà nell’anticamera della galleria di tiro, senza l’ausilio di luci e musica, la seconda invece nella galleria vera e propria con le installazioni luminose.
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