«Ufficiali assolti, sentenza che lascia allibiti»
«L’assoluzione perchè il fatto non sussiste lascia allibiti. In attesa di conoscere le motivazioni, la sentenza non può che indignare, soprattutto in un territorio come il nostro». Il professor Claudio Bianchi era stato convocato due volte, in qualità di esperto, al processo per amianto conclusosi al Tribunale di Padova con l’assoluzione pronunciata dal giudice Nicoletta De Nardus nei confronti di 8 ufficiali della Marina imputati di omicidio colposo per la morte di due militari, il capitano di vascello Giuseppe Calabrò, 61 anni, e il meccanico di bordo Giovanni Baglivo, 49. Secondo l’accusa, avevano contratto il mesotelioma pleurico a causa dell’amianto impiegato nella costruzione delle navi da guerra. Due giornate in attesa di essere ascoltato, di portare in aula la sua trentennale esperienza, ma anche elementi di ricerca concreti, come i 35 casi di mesotelioma documentati tra Trieste e Monfalcone fino al 2008 tra i militari della Marina.
«Alla fine – osserva Bianche - il pm ha deciso di rinunciare alla mia testimonianza». Alla luce della sentenza, per cui è stato già annunciato ricorso in Appello, non esprime solo sorpresa e dissenso. «Questo procedimento - spiega Bianchi - rimanda a innumerevoli analogie presenti sul nostro territorio. L’esposizione all’amianto oltre a riguardare il cantiere navale di Monfalcone, che ha prodotto anche unità navali militari, si lega alle tante persone che hanno prestato servizio in Marina. A bordo delle navi l’esposizione avveniva a prescindere dalle mansioni ricoperte dagli equipaggi, quindi a prescindere dalla presenza a bordo in fase di costruzione della nave o durante la navigazione in servizio. Semmai era una questione di tasso di rischio legato all’area di lavoro, maggiore a esempio in sala macchine. Nei sommergibili i rischi erano decisamente più alti». Bianchi ha iniziato a studiare il mesotelioma pleurico prima a Trieste e poi a Monfalcone tra gli anni ’78 e ’80, in seguito a casi di malattia conclamata che avevano colpito proprio i militari: «Già allora - dice - eravamo a conoscenza dell’esposizione all’amianto, sia nella Marina militare che mercantile». Bianchi riporta poi i risultati di uno studio presentato nel 2009 a una conferenza mondiale sull’esposizione all’amianto in Marina: in quella sede furono documentati i 35 casi di mesotelioma tra Trieste e Monfalcone, assieme a 23 casi verificatisi in Liguria e altri 9 nella zona di Livorno.
«Anche all’epoca - ricorda Bianchi - le correnti di pensiero erano contrastanti. Ma i dati erano già chiari circa la portata del fenomeno. L’utilizzo dell’amianto nelle navi delle forze armate risale all’inizio del secolo scorso, stando alle informazioni reperite da un opuscolo del 1912 di “K Amianto”, ditta che commerciava il minerale più pericoloso, l’amianto blu».(la.bo.)
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