Una folla commossa saluta il vignaiolo Roberto Felluga stringendosi a papà Marco

Dopo la cerimonia privata nella chiesetta di Russiz Superiore la messa al Mercaduzzo di Gradisca. Tra i primi cittadini il triestino Dipiazza 
Luigi Murciano

il signore dei vini

Luigi Murciano / GRADISCA

Prima l’ultimo saluto in forma strettamente privata, nella chiesetta di San Giovanni Battista nella “sua” Russiz Superiore lambita da un vento che seppur freddo sapeva, come non mai, di ultima carezza. Poi il commiato pubblico, con la messa celebrata nella chiesa del Mercaduzzo, a Gradisca, dove in fondo tutto è cominciato. L’addio a Roberto Felluga, Signore dei vini portato via da un male inesorabile a soli 63 anni, è stato come un cerchio che si è chiuso attorno a un’esistenza vissuta da protagonista. Affollatissima l’ultima funzione religiosa aperta ai tanti che hanno voluto salutare lo storico vignaiuolo, imprenditore e innovatore che ha contribuito a rendere grande il Collio nel mondo. La chiesa della Bruma non ha proprio potuto contenere il fiume di persone e di affetto che ha travolto papà Marco, la figlia Ilaria, la moglie Elena, le sorelle Patrizia ed Alessandra. C’erano proprio tutti: le istituzioni (fra i sindaci presenti anche l’amico e primo cittadino di Trieste, Roberto Dipiazza), le grandi famiglie del vino e dell’enogastronomia regionale, colleghi, collaboratori, addetti ai lavori. E soprattutto amici.

Marco Felluga affronta a 94 anni il dolore più crudele per un genitore. Saluta per sempre il suo “ragazzo” con grande compostezza e la solita eleganza, sorretto da Ilaria: la terza generazione dei Felluga. Il patriarca ha una parola per tutti, alla fine ringrazierà fra gli applausi.

«Grazie di esserci stati vicino» dice con un cenno della mano che incute dolcezza e trasmette tanta tristezza. Il brano del vangelo, scelto dal parroco della Fortezza don Gilberto Dudine, pare un inno alla vita di Roberto: «Come il tralcio non può portare frutto da sè se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. E l’esistenza di Roberto ha dato molto frutto. Egli ha saputo eccellere nella propria professione e ha saputo fare del bene al prossimo. Ora ci viene chiesto di trovare rifugio nella fede per accettare la fine della sua esistenza terrena, che ai nostri occhi è stata tremendamente breve, ma vissuta in pienezza. Ci piace pensare che ad attenderlo lassù c’è mamma Maria Alba».

A concludere la celebrazione, una commovente esecuzione di Madonnina del Mare, a ricordare le origini gradesi di papà Marco. Il suo singhiozzo riempie la chiesa e svuota l’anima. Roberto sentiva molto sue le radici marinare. Dalla terra del Collio al mare, sino al cielo. Il viaggio a ritroso di Roberto può dirsi completato. —

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