Una squadra specializzata per “combattere” i cinghiali in Fvg

Panontin interviene in commissione: «Una soluzione definitiva non esiste». In arrivo un provvedimento per spostare la polizia provinciale nella forestale
Cinque cinghiali tra Fossalon e Due Fiumi nella foto scattata da un lettore
Cinque cinghiali tra Fossalon e Due Fiumi nella foto scattata da un lettore

TRIESTE. I cinghiali? Sempre più numerosi e furbi, hanno capito quando e come muoversi per evitare trappole e pallottole. E pure transfrontalieri, visto che ne arrivano di continuo dalla vicina Slovenia. I cacciatori? Pochi, in progressiva diminuzione e in là con gli anni. I danni a terreni e coltivazioni? Tanti, troppi. È una battaglia infinita, quella della Regione, contro una delle specie selvatiche più difficili da gestire.

Trieste, a Borgo San Sergio il cinghiale "entra" in edicola VIDEO
ll cinghiale all'edicola di Borgo San Sergio (foto di Federico Sain)

«Una soluzione definitiva non esiste», ha ammesso ieri l’assessore competente Paolo Panontin alla fine della Commissione dedicata all’emergenza. La riunione, richiesta già a maggio dalla consigliera del Movimento Cinque Stelle Ilaria Dal Zovo in seguito a quanto accaduto a Trieste, a iniziare dall’aggressione di un esemplare a un cittadino nel rione di Longera, ha confermato la linea della giunta: concessione della caccia in deroga (già in corso), dal momento «che la gestione ordinaria non ha portato ai risultati attesi», ha precisato Panontin. E la creazione di una squadra regionale ad hoc: l’assessore intende preparare un provvedimento da portare all’attenzione del Consiglio regionale per trasferire la Polizia provinciale al Corpo forestale regionale. Una sezione specifica pronta a fronteggiare i casi più urgenti e per rendere più efficace il contenimento della proliferazione.

Ieri hanno preso la parola gli assessori provinciali di Trieste, Gorizia e Udine. Oltre all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Il capoluogo, come noto, è alle prese con un fenomeno difficile da controllare soprattutto nelle zone periferiche della città, più che quelle carsiche. «Io lavoro con quattro agenti che hanno la qualifica per poter sparare – ha rilevato l’assessore provinciale Igor Dolenc – troppo pochi.

In forte crescita i cinghiali C’è chi attraversa la strada

L’attività venatoria, inoltre, è volontaria e di piacere – ha spiegato – nel 2013 il piano di abbattimento ha raggiunto il 142% del previsto, quest’anno siamo all’87%. I cacciatori non ce la fanno». Altro problema: lo smaltimento dei capi uccisi. Parte dei 102 esemplari abbattuti nel 2015 sono stati utilizzati per alimentare i rapaci di Pietrarossa, altri inceneriti. Lo spreco è immaginabile. Trieste ha tentato di promuovere la nascita di un centro di lavorazione della selvaggina, un progetto però naufragato e che la Regione vorrebbe riportare in auge con una filiera per la macellazione e la vendita controllata delle carni per tutto il Fvg. Non è peraltro un mistero che dietro alla caccia si nasconda una sorta di mercato nero, tanto più considerando il valore di ogni singolo esemplare, che si aggirerebbe attorno ai 600 euro.

A Gorizia, dove sono stati sperimentati i catarifrangenti anti-selvaggina lungo le provinciali per scoraggiare gli animali a immettersi nelle strade, il problema si concentra sul Carso e il Collio. «La gestione necessita di un coordinamento con la Slovenia», ha proposto l’assessore Mara Cernic. Il fenomeno, nella sua complessità, impensierisce pure il Friuli. «Nel 2013 - ha rilevato l’assessore Marco Quai della Provincia di Udine - sono stati autorizzati 3.000 abbattimenti, ma i capi eliminati sono stati solo il 7%. Intanto, però, non è vero che il maggior numero di incidenti stradali è causato da questi animali: il record, ovvero il 63%, è del capriolo, il 24% del cervo, mentre è del 9,5% quello del cinghiale».

Dal Zovo si è detta insoddisfatta dall’esito della commissione: «Il Fvg non ha voluto dotarsi di strumenti di programmazione e di controllo - ha evidenziato - portandoci alla situazione attuale: personale delle Province ridotto all’osso e un potere decisionale del mondo venatorio decisamente insolito rispetto alle altre zone del Paese. D’altronde quello della caccia è un tema scottante. Meglio non parlarne per non crearsi inimicizie, ma è proprio questa mancanza di coraggio – ha concluso la consigliera M5S – che ci ha condotto fino a questo punto. Basterebbe il coraggio di smarcarsi da una situazione di assoluta assenza di gestione, tracciando una strategia comune assieme a tutti gli attori coinvolti».

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