Ungheria, già “bucato” il muro in costruzione

Tagliata in un punto dai migranti la recinzione lungo il confine con la Serbia che finirà nel nulla della pianura
I migranti giunti a Szeged, in Ungheria
I migranti giunti a Szeged, in Ungheria

KUBEKHAZA Come un pachiderma bianco, il cingolato avanza lento lungo la frontiera serbo-ungherese, alza la sua proboscide metallica, poi perfora il suolo ai suoi piedi sollevando una nuvola di polvere. Un nuovo palo di acciaio alto quattro metri è nato così a pochi passi dal suo vicino, e ora si erge a delimitare l’inizio dell’Unione europea.

Nel piccolo comune agricolo di Kübekháza (1.600 abitanti), l’esercito di Budapest sta costruendo il cosiddetto “muro di Orban”, lungo 175 chilometri e con filo spinato, che servirà a sbarrare la strada ai migranti in arrivo dalla Serbia. Mentre il macchinario di fabbricazione italiana sferraglia tra i campi di granoturco e di girasole seccati dal sole, i militari camminano su e giù, controllando i piloni su cui dovranno tendere la rete zincata. Servirà a qualcosa tutto questo lavoro? I due soldati si scambiano uno sguardo, alzano le sopracciglia e sorridono. Non possono esprimersi sul tema, ma i difetti del muro sono evidenti.

Un tratto del “muro di Orban”
Un tratto del “muro di Orban”

Il comune di Kübekháza, che confina al tempo stesso con la Romania e la Serbia, ospiterà il punto finale della barriera, perché da qui in poi la frontiera è tutta interna all’Ue e sistemarci una palizzata non sarebbe proprio possibile. Così, oltre l’ultimo palo voluto dal governo conservatore di Viktor Orban, si aprirà soltanto l’infinita pianura pannonica, che si estende dall’Est della Croazia fino alla lontana Ungheria incurante delle diverse dogane che attraversa.

Per superare l’«ostacolo» (come lo chiamano le autorità di Budapest) basterà dunque fare qualche passo in più sulla destra, aggirando l’ultimo malinconico pilone. E nel farlo, si passerà a fianco del piccolo monumento bianco che celebra il punto d’incontro dei tre Paesi, e che, ironia della sorte, rimarrà tagliato fuori, al di là del reticolato. Reticolato che fra l’altro, come riportato da alcuni media locali, nei giorni scorsi è già stato tagliato in un punto (in corrispondenza della cittadina ungherese di Asotthalom) da un gruppo di 18 migranti, poi presi dalla polizia.

Migliaia in marcia sulla rotta dei Balcani
Profughi in marcia al confine tra Serbia e Ungheria: sono intere famiglie (foto di Giovanni Vale)

«L’Ungheria sta creando un ghetto per se stessa», s’infervora il sindaco di Kübekháza, Róbert Molnár (indipendente), che non ha paura di criticare l’operato dell’esecutivo: «Con questa barriera il nostro Paese dice al mondo intero: “Non ci interessa niente di voi, non siamo curiosi”. Ma chi semina vento raccoglie tempesta e, come è già successo nel passato, a chi costruì dei muri a Berlino, ad Auschwitz o lungo la Cortina di Ferro, ci saranno soltanto conseguenze negative per noi», aggiunge Molnár.

L’opera che si va innalzando davanti i suoi occhi, prosegue, non servirà a fermare i migranti. Ma a far risalire nei sondaggi il partito del Primo ministro, il Fidesz. «Il 77% degli ungheresi è favorevole al muro e, realizzandolo, il governo manda un messaggio chiaro agli elettori del partito di estrema destra Jobbik, assicurando loro: Anche noi siamo patrioti, anche noi amiamo questo paese».

Muro anti-migranti: Budapest parte con la costruzione
Il premier ungherese Viktor Orban durante una manifestazione del partito Fidesz

La politica interna ha dunque gettato le fondamenta della barriera anti-migranti, ma che cosa avrebbe dovuto fare invece l’Ungheria? «Nemmeno Angela Merkel ha una risposta a questa domanda: servirebbe un accordo europeo, per trovare una soluzione nei paesi di origine dei migranti, dove l’Europa e le Nazioni Unite hanno gravi responsabilità per ciò che è successo. Ma ci sono 28 posizioni diverse nell’Ue», conclude Molnár, sconsolato.

A qualche chilometro da Kübekháza, il suo collega e primo cittadino di Tiszasziget, Ferenc Ferenczi (Fidesz), cavalca proprio quest’impasse comunitaria. «Se la Germania volesse questi migranti, potrebbe semplicemente mandare dei bus a prenderli - afferma - Qui nessuno si rallegra di questa costruzione, ma purtroppo non ci sono altre soluzioni e sono convinto che il muro non sarà aggirato dai migranti ma che, al contrario, la Romania lo continuerà sul suo territorio».

Il monumento eretto all’incrocio dei confini di Serbia, Ungheria e Romania
Il monumento eretto all’incrocio dei confini di Serbia, Ungheria e Romania

Oltre alla controversa struttura, che dovrebbe essere ultimata entro la fine di novembre, l’esecutivo di Budapest ha intenzione di estendere a Serbia, Macedonia e Grecia la sua già celebre campagna anti-immigrazione. I manifesti che avvertono chi arriva di “Non rubare il lavoro degli Ungheresi” o di “Rispettare la nostra cultura” saranno a breve affissi un po’ ovunque nella penisola balcanica, nel tentativo di convincere chi fugge dalla Siria, dall’Iraq o dall’Afghanistan di fare marcia indietro.

Ma mentre l’Unhcr annuncia un nuovo aumento del numero di rifugiati in Europa («Sono arrivate più persone in Grecia nel mese scorso che in tutto il 2014»), i migranti che si incontrano nei pressi della frontiera serbo-ungherese non ignorano soltanto l’esistenza dei cartelloni dissuasivi, ma spesso persino quella del lungo cantiere aperto dall’esercito magiaro. «Un muro?», chiede incredulo un afghano sulla quarantina. Sul foglio che tiene in mano è tracciato il limite tra Serbia e Ungheria. Lui scuote la testa, poi sorride come se fosse uno scherzo.

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