Urologia, fuga di pazienti: «Manca il robot»

Fuga di pazienti, nuovo capitolo, succede a Urologia e i responsabili accusano la mancanza di indispensabili tecnologie chirurgiche, meno invasive, che i pazienti invece (informati) scelgono altrove. Il direttore della clinica di Cattinara, Emanuele Belgrano, e il suo collega Carlo Trombetta ne hanno avuto “scientifica” prova da una tesi di laurea che sarà discussa proprio oggi, a firma di uno studente che descrivono particolarmente brillante, Daniele Modonutti.
La sua tesi tratta del tumore alla prostata e dei vari modi di affrontarlo, e intervista 226 pazienti che sono passati per questa esperienza. Relatore è proprio Carlo Trombetta e correlatori sono i docenti Fabio Barbone e Nicola Pavan. A base dello studio, il fatto che questo tumore è fra i più diffusi tra quelli maschili. E che le cure non sono una sola, ma è proprio il malato ad avere la possibilità di scegliere, assistito dal medico specialista, quale sia la soluzione migliore cui aderire.
«Da questo studio - afferma Trombetta - si ricava che su 226 pazienti con biopsia prostatica positiva che hanno parlato con un urologo a Cattinara, ben 40 hanno scelto di rivolgersi altrove, in sedi in cui c’è il “robot Da Vinci” per la laparoscopia». Il laureando certifica nel suo testo che oltre il 27% dei malati è andato a operarsi altrove: Udine, Pordenone, Padova, Milano, Verona, Firenze, mentre in 3 hanno scelto Lubiana.
«Se avessimo fatto lo stesso lavoro nel 1998 per esempio - prosegue Trombetta - le “fughe” sarebbero state al massimo 3-4 e sarebbero state largamente compensate dal numero di pazienti provenienti da tutta Italia, per le nostre conoscenze professionali che sono sempre state all’avanguardia. Ma oggi senza tecnologia anche le professionalità più elevate possono combinare poco». Belgrano si è già espresso in questo senso più volte, a proposito della riforma sanitaria regionale, lamentando che il reparto di Urologia è tecnologicamente trascurato.
«È assurdo - aggiunge ora Trombetta - che Monastier, Abano, Peschiera e Bassano abbiano attrezzature di cui Trieste non dispone. Ed è pazzesco che i nostri amministratori, che sono veneti, non si rendano conto che ci sono 7 robot in Veneto e 0 in questa regione». Veneto è il direttore generale dell’Azienda ospedaliera.
Ultimo dato tecnico da Trombetta: «L’Organizzazione mondiale della sanità dice che dovrebbe esserci un robot ogni milione di abitanti». Ma i pazienti, come si desume dalla tesi di laurea e dal puntuale riscontro delle scelte dei triestini, non sono andati solo in Veneto, ma anche a Pordenone e un po’ dappertutto. Mobilità sanitaria. (g. z.)
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