Vanno sul mercato in Dalmazia gli ex hotel dei lavoratori di Tito

BELGRADO
Erano, ai tempi di Tito, uno dei fiori all’occhiello del regime, che attraverso quegli immobili in località da sogno offriva ai lavoratori un posto dove trascorrere le ferie a prezzi super-calmierati. Da decenni, sono oggetto di accese diatribe. E ora tutto indica che stiano per trasformarsi in una nuova miccia di potenziali divergenze esplosive, tra i “parenti-serpenti” dell'ex Jugoslavia.
Parliamo di una quindicina di resort turistici e altri immobili per le vacanze, localizzati sulla costa adriatica della Croazia, che saranno presto messi sul mercato da Zagabria, che sta cercando affittuari per ridare vita a proprietà in abbandono. L'idea è quella di convincere tycoon e imprese a rimettere in sesto hotel e residenze nel giro di tre anni, per fini turistici. È quanto prevede una gara d’appalto lanciata dal ministero delle Proprietà statali di Zagabria, che ha dato luce verde alla corsa a prendere in leasing 15 alberghi, resort e villaggi turistici, la maggior parte nell’area di Gradac. La gara si basa su una nuova legge che prevede che, «fino alla conclusione di un accordo internazionale», il ministero sia «autorizzato a offrire in locazione, per un massimo di trent’anni, le proprietà registrate come della Repubblica di Croazia o di proprietà sociale», ha ricordato il quotidiano Jutarnji List.
Sono quelle ultime due parole – proprietà sociale – a nascondere la miccia del conflitto in fieri. Riportano ai tempi della Jugoslavia e indicano che quelle case e alloggi turistici erano destinati alle vacanze dei lavoratori di imprese pubbliche jugoslave. Il problema è che tante di quelle imprese, spesso defunte, sono oggi in Serbia e in Bosnia, mentre le proprietà sono rimaste in Croazia. E a 27 anni dall’implosione della Federazione rimane non chiaro a chi appartengano e chi abbia il diritto di utilizzarle. La cosa certa è che, malgrado siano spesso in condizioni disastrose, gli immobili fanno gola, perché si trovano a pochi metri dal mare, come il resort Partizan a Biograd o quello dell’ex Robna Kuca belgradese, a Gradac. Fa gola e ha fatto arrabbiare Belgrado anche il fatto che Zagabria, oltre al leasing, pensa anche a vendere alberghi come l’ex hotel “Sutjeska”, a Baska Voda, che sarebbe ancora di proprietà del ministero della Difesa di Belgrado, hanno denunciato i media serbi, facendo circolare stime di potenziali danni pari a 1,9 miliardi di euro per tutte le proprietà a rischio.
Altre stime, circolate in primavera, parlano di un valore di 10 miliardi per quelle reclamate dalla Bosnia, dove nei mesi scorsi si sono registrati timori per le mosse di Zagabria. Ma anche aperture, perché il fine ultimo dell’iniziativa non sarebbe quello di far cassa, ma di preservare proprietà trascurate. Malgrado la certa «protesta dei vicini», ha ammesso lo Jutarnji, Zagabria è comunque decisa ad andare avanti. «Risolviamo un problema che nessuno ha voluto» toccare «da anni», la questione di edifici «pericolosi per la salute e i residenti», è trapelato dal ministero delle Proprietà statali. Si tratta, certamente, di immobili «la cui proprietà non è stata stabilita», anche se venivano utilizzate da «Serbia e Bosnia», quelli stessi vicini che «hanno venduto le nostre proprietà». E che non avrebbero dunque diritto di lamentarsi. —
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