Villa Russiz, la verità delle suore

CAPRIVA. «È stata una scelta una risposta sofferta ma inevitabile a un atteggiamento percepito come logorante e intromissivo nelle nostre specifiche ed uniche competenze educative».
È un addio amaro quello che le suore della Congregazione di Maria Ausiliatrice della Casa famiglia di Villa Russiz si stanno apprestando a compiere. Suor Antonella Franchini, ex direttrice della struttura, che fungerà da «punto di riferimento per gli educatori che subentreranno, per tutto il tempo necessario e secondo alcune condizioni», ha voluto esprimere le proprie sensazioni su una vicenda conclusasi in queste ore con un epilogo per molti già segnato da tempo.
«Nel 1992 abbiamo aderito alla richiesta del Consiglio di Amministrazione di Villa Russiz di continuare l’opera educativa iniziata da Elvine Ritter de Zahony, ripresa con energia nel dopoguerra dalla contessa Adele Cerruti e, in seguito, continuata dalle Suore della Provvidenza e dalle Suore di Nostra Signora. Abbiamo accolto questa istanza come un’opportunità per vivere il mandato dei nostri fondatori, per testimoniare l’amore di Gesù Buon Pastore ai ragazzi che ci sono stati affidati e alle persone che avremmo avvicinato». Al termine di questo mandato «esprimiamo un grazie per la vita condivisa in questi anni in Villa Russiz, nella Comunità di Capriva e di Villanova del Judrio ed ancora con le tante persone che abbiamo incontrato che con la loro sensibilità, accoglienza e disponibilità hanno contribuito a trovare con noi le migliori risposte per i “nostri ragazzi”. Le esigenze di crescita psico-fisica, affettiva, di responsabilizzazione, partecipazione, integrazione, socializzazione, nonché di protagonismo, dei nostri ragazzi sono state affrontate vitalmente e in modo congruo grazie all’apporto di istituzioni, ma anche di singole persone mosse semplicemente dal desiderio di contribuire al loro Bene».
Un addio da Villa Russiz che forse ha solo anticipato i tempi... «Probabilmente, la difficoltà della nostra Congregazione di avere personale religioso per un’opera così complessa, ci avrebbe pian piano condotte comunque a chiudere nel tempo la nostra presenza, anche se, sicuramente, con diverse motivazioni e non in modo così rapido».
Ma cosa accadrà ora? «Il desiderio di non lasciare nulla di intentato per il bene dei ragazzi, ci ha fatto scegliere di dare disponibilità ad accompagnare il cambiamento in atto e facilitare il più possibile il passaggio da una governance religiosa a una laica. Siamo tutt’ora in attesa di un riscontro chiaro da parte della Fondazione, così da poter giungere in tempi brevi alla stesura di un sereno e costruttivo accordo».
Da qui le indicazioni su come poter proseguire l’operato. «Affinché il principio guida di ogni scelta possa essere veramente la ricerca e il sostegno del Bene dei ragazzi affidati alla Casa Famiglia, anche attraverso un ambiente ricco di valori umani e religiosi dev’essere coltivato e curato un clima di profondo e continuo rispetto, nel riconoscimento reciproco delle competenze specifiche tra l’organo politico-economico-amministrativo del Consiglio di amministrazione della Fondazione e la Direzione educativa della Casa Famiglia. Importante poi che il dialogo fra il Cda e la Direzione educativa della Casa Famiglia sia tempestivo, puntuale e improntato sulle indispensabili chiarezza e trasparenza. Infine le scelte ordinarie e straordinarie del Cda, che riguardano espressamente o indirettamente la Casa Famiglia, devono coinvolgere la Direzione della stessa affinché quest’ultima possa essere messa a conoscenza delle eventuali decisioni mentre queste stanno maturando e non a prodotto concluso».
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