Vitrani presenta istanza di fallimento

«Scelta obbligata» dell’azienda nell’impossibilità di recuperare crediti, avere supporto bancario e trovare acquirenti
Di Massimo Greco

La famiglia Vitrani alza bandiera bianca. A un anno esatto dall’allarme lanciato dall’azienda alla presenza delle maestranze, lo storico brand dell’industria triestina, con sede alle Noghere e con un pedigree lungo 55 anni, non ce l’ha fatta a risolvere i suoi problemi finanziari e non è riuscito a trovare un interlocutore imprenditoriale, con il quale negoziare l’acquisto o l’affitto. Così ieri mattina è stata presentata al Tribunale triestino istanza di fallimento. Fino a cinque anni fa Vitrani fatturava una trentina di milioni e occupava una sessantina di addetti. Preparava allestimenti per clienti come Fincantieri, Stx, Meyer Werft, Carnival, Royal Caribbean, Hilton.

Tre trattative, nell’arco dell’ultimo semestre, non sono andate a buon fine: si iniziò con la nordamericana Us Joiner, si passò al vicentino Giancarlo Dani, si tentò per ultimo con l’armatore napoletano Francesco Izzo. Difficile anche ottenere sponda da Fincantieri. Niente da fare: priva di liquidità, non più approvvigionata dalle banche (Unicredit, Intesa, Mps, Popolare Vicenza), impossibilitata a recuperare i consistenti crediti (circa 4 milioni) disseminati tra Svizzera e Bahrein, la Vitrani non era in grado di acquisire nuovo lavoro.

Un avvitamento finanziario iniziato con il coinvolgimento nella ristrutturazione veneziana del Molino Stucky Hilton alla Giudecca, dove la costruttrice romana Acqua Marcia aveva accumulato complessivamente 280 milioni di debiti.

Le commesse, nell’ambito dello shipping dove si esercitava gran parte dell’attività aziendale, debbono essere coperte da fideiussioni, che la famiglia Vitrani non era in condizione di ottenere: da ciò una perversa sequenza dove, in assenza di garanzie, non possono arrivare gli ordini. Nell’ottobre dello scorso anno l’azienda aveva ancora in portafoglio una decina di milioni di lavori da terminare, esauriti i quali sono finite le munizioni.

Dal 14 settembre è stata avviata la Cassa integrazione straordinaria per i 26 dipendenti, 13 operai e 13 impiegati. Lo scorso anno avevano prestato i 400 mila euro del loro Tfr per dare una mano agli imprenditori: fu un caso di risonanza nazionale. Marino Romito, segretario della Fillea Cgil, è preoccupato perchè se l’iter fallimentare varcherà i confini del 2015, i 26 lavoratori andranno in mobilità. «Vitrani - scrive Romito in una nota - sta perdendo le certificazioni necessarie ed è ferma quasi da un anno. Barbara e Alessandra Vitrani hanno tenuto stamattina (ndr ieri) un’assemblea per informare i lavoratori, poco prima di portare i libri in Tribunale, senza peritarsi di avvertire il sindacato». «Una fine annunciata - prosegue Romito - poichè condizioni e vincoli posti dalla proprietà non sono risultati accettabili dai possibili acquirenti. E tutte le offerte prevedevano il rientro della maggior parte dei lavoratori, sia pure in tempi diversi».

Poco dopo la mesta liturgia giudiziaria, la Vitrani ha diffuso una nota. «Scelta obbligata» quella del fallimento: per l’impossibilità di recuperare crediti dalla committenza nazionale e internazionale, per il venire meno del sostegno bancario e dei negoziati di affitto-cessione. «Solidarietà ai lavoratori», nell’auspicio che «le doti delle maestranze non vadano disperse e che al più presto si faccia avanti un imprenditore interessato a recuperare dal fallimento questo importante patrimonio umano e professionale». Niente di più facile - si commenta nelle retrovie - che a rifarsi sotto possano essere gli stessi soggetti delle trattative evaporate.

Adesso parola alla sezione fallimentare del Tribunale civile, che procederà alla sentenza e alla nomina del curatore. Il quale, a sua volta, verificherà lo stato passivo e farà l’inventario delle attività: un lavoro in buona parte già svolto quando ancora si pensava alla realizzabilità di un concordato. Piero Fornasaro, il legale che aveva seguito una parte delle trattative, ricorda che i Vitrani frequenteranno il Tribunale anche per le cause accese in sede civile nei confronti di alcuni istituti di credito relativamente alla gestione dei conti: la prima puntata riguarderà i rapporti con Unicredit.

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