A bordo con l’Atlante delle Sirene ecco le rotte della seduzione
Chi mai si metterebbe in navigazione senza avere a bordo l’Atlante delle Sirene? (Il Saggiatore, pagg. 343, euro 28)
È una mappa di incantamenti: Agnese Grieco ci conduce in diversi luoghi di altri tempi che nel sogno tutti noi abbiamo già visitato. Anche un uomo che affermasse di non essersi mai lasciato incantare da una sirena e una donna che prendesse le distanze dall’archetipo femminile della sirena, non potrebbero non ammettere che la parola è il più potente strumento di seduzione dell’essere umano. E le sirene dei miti e delle leggende in-cantavano proprio perché sapevano musicare le parole. Per un popolo di navigatori come gli antichi greci erano le muse del mare che tutto sanno. Il desiderio di conoscenza allora era così attraente da portare a rischiare la vita.
Seirenes deriva dal verbo greco seirén, che significa avvincere, legare. Potere femminile di cui gli uomini hanno sempre avuto paura: il primo fu l’eroe omerico Ulisse il quale, per non farsi avvincere dal canto delle sirene e abbandonare la rotta, si fece legare all’albero della sua nave dai compagni.
Erano creature metà uccello, ma prima erano state le compagne di Proserpina. Quando venne rapita dal dio degli inferi, esse pregarono gli dei di dotarle di ali per andarla a cercare.
Il volo simboleggia la libertà di innalzarsi per acquisire la conoscenza.
Ma le donne con le ali sapevano che sarebbero vissute sino a che avessero potuto sedurre con il loro canto. Poi scomparvero nel mare. Solo qualche fortunato, bramoso ancora di conoscere, le vedeva di tanto in tanto emergere dai flutti della propria ignoranza con una lucente coda di pesce. Infatti per Cicerone e Dante le sirene abitano dentro di noi e ci inducono a ricercare.
Nell’immaginario maschile la donna che attrae e sfugge è una sirena. Inaffidabile e seducente, misteriosa e fatale. Mai cederle: è una specie di donna senz’anima.
Invece la Sirenetta di Andersen si innamora del principe della favola ed è pronta a rinunciare alla sua coda di pesce, che le permette di vivere libera. Chiede alla strega di darle in cambio due gambe, ma essa vuole anche la sua voce. “Se mi prendi anche la voce, cosa mi resta? ” Le resta la bellezza, poca cosa a confronto della possibilità di esprimersi, di autodeterminarsi come donna.
Anche Trieste ha la sua sirena, ma niente paura: i velisti di questa cinquantesima Barcolana passeranno indenni davanti alla Sirenetta di Barcola, adolescente ancora acerba con due grandi ciuffi raccolti sopra le orecchie che non si preoccupa di incantare uomini ma di come tuffarsi in mare. Forse è proprio lì l’attrazione più grande. —
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