A San Giusto il “Tempo d’attesa” è la speranza dei profughi in fuga

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Trieste, autunno 1972, in piena Guerra fredda. Al centro per profughi per stranieri di Padriciano (situato, fino ai primi anni '80, dove oggi sorge l'Area di Ricerca), voluto dal governo italiano per accogliere persone della più varia estrazione in fuga dai Paesi del blocco sovietico e in richiesta di asilo politico, giunge un fotografo cecoslovacco, Krystof Paklic. Ha immortalato i fatti della Primavera di Praga, nel suo Paese aveva acquisito una posizione privilegiata, ma per lui soffocante. E adesso è un fuggitivo come tanti altri. Ha attraversato la Jugoslavia, oltrepassato la frontiera di nascosto, percorrendo i boschi di notte, in un buio non complice, ma ostile, al punto da inghiottire ogni notizia su sua moglie Jana. Ha perso lei e la sua identità. Un doloroso travaglio non lo porta a una nuova nascita, ma a un infinito e sospeso “Tempo d'attesa”.
È il titolo dello spettacolo, prodotto da La Contrada, che, domenica alle 21, verrà proposto al Castello di San Giusto, nell'ambito di Trieste Estate. Un progetto su testo di Pietro Spirito e Elke Burul, che ne firma anche la regia e che sarà in scena con Adriano Giraldi, Daniela Gattorno e Omar Giorgio Makhloufi.
A Trieste, allora sismografo nella contrapposizione tra i regimi democratici, pure minati da tensioni sociali e politiche, e i regimi socialisti, barricati oltre la cortina di ferro, il campo profughi è anche un centro di raccolta informazioni gestito in parte dai servizi segreti.
Nello spettacolo, vent'anni dopo, a New York, il protagonista ripercorre a ritroso il suo dramma umano, anche nel rapporto tra arte e potere, e torna ai giorni che precedono l'interrogatorio che potrà concedergli la possibilità di rifarsi una vita oltreoceano. Sceglierà di tradire il Paese che lo accoglie o di sperare di rivedere sua moglie?
«Il centro profughi – spiega Elke Burul – , da non confondere con il centro di raccolta dei profughi istriani, è realmente esistito, ma nello spettacolo è simbolico e rappresenta ogni luogo che diventa un punto di passaggio per le persone che abbandonano realtà incompatibili con la libertà. Anche i personaggi, tutti di finzione, sono metafore molto attuali di coloro che non sanno più chi sono, chi saranno. Il protagonista è un fotografo, e come tale cerca di fermare l'attimo, ma il suo tempo di attesa uscirà dai confini del campo, per durare una vita».
«Non è un eroe, un'icona – racconta Adriano giraldiGiraldi, che interpreta il personaggio di Paklic - ma un uomo come tanti, schiacciato da giochi più grandi di lui. E, rispetto alle storie di grandi gesti, quelle come la sua sono più comuni, muovendosi anche nelle zone d'ombra di decisioni sbagliate». Lo spettacolo è ad entrata libera, prenotazione su biglietteria Ticket Point on-line - Tempo d'attesa (ticketpoint-trieste.it). —
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