A tavola si apparecchia la vita e tra un pasto e l’altro si trova l’amore

“La scena” di Maryline Desbiolles un racconto autobiografico attraverso pranzi e banchetti



Ciascuno di noi potrebbe osservare la propria vita attraverso specifici osservatori derivati dalle formule matematiche della teoria degli insiemi. Partendo dal presupposto che non è possibile definire l’insieme: essendo l’insieme uno dei concetti primitivi della matematica ognuno di noi dovrebbe poterlo definire. Andando a braccio, si può dire che quando abbiamo degli oggetti, se riusciamo a considerarli collegati tra loro allora abbiamo un insieme. Gli oggetti, o elementi, che compongono l’insieme devono però essere definiti prima ancora di considerare l’insieme stesso. In parole povere, applicando la teoria degli insiemi alla nostra esperienza, potremmo osservare, rappresentare, ciò che siamo attraverso una serie di insiemi: i viaggi, le persone amate, le attività sportive, le occasioni perdute e così avanti. Con tutta una serie di operazioni previste dalla stessa teoria degli insiemi: unioni, complementari, differenze simmetriche, relazioni binarie e transitive, corrispondenze biunivoche e così avanti. Ne uscirebbe una geografia frastagliata dove tuttavia ogni cosa è collegata a un’altra, essendo noi stessi, alla fine, nient’altro che una funzione matematica espressione del caos infinito. Per Maryline Desbiolles, scrittrice e poetessa francese aderente alla corrente dell’extrême contemporain, tendenza contemporanea che predilige rappresentare una realtà caotica e complessa ricorrendo al monologo interiore, ai tropismi, alle ripetizioni e persino all’endofasia visionaria (ne fanno parte fra gli altri Daniel Pennac e Michel Houllebecq), la teoria degli insiemi imparata a scuola da un «giovane professore dagli occhi scintillanti» diventa la formula di base per il suo nuovo romanzo autobiografico, “La scena” (Sellerio, pagg. 221, euro 13,00). Entrando un giorno in una trattoria di Finale Ligure, l’autrice osserva «vicino alla vetrata, una grande tavola rettangolare alla quale siedono soltanto uomini, undici uomini, uno ad ogni capo della tavola, cinque da un lato, quattro di fronte». L’occasione mette in moto i ricordi, a partire da una vecchia foto di famiglia scattata durante un banchetto in Toscana. Ed è solo l’inizio di un viaggio nel tempo in cui l’autrice, in un continuo andirivieni tra passato e presente, rievoca tutti i banchetti, le cene, i pranzi, le colazioni in cui la tavola rappresenta la scena, appunto, di altrettanti momenti salienti della vita. In questo insieme i singoli elementi - parenti, amici, amanti - diventano i personaggi di storie, di incontri. Tasselli, tessere di un puzzle che Maryline Desbiolles ricava dalle unioni, dalle differenze, dalle relazioni binarie e transitive in cui compaiono altri sottoinsiemi, come le opere d’arte - dall’Ultima cena di Leonardo o del Tintoretto alla Cena in casa Levi del Veronese - o le ricette di cucina. «Si tratta - scrive il curatore e traduttore Paolo Proietti nell’ampia prefazione al romanzo (sua anche la lunga nota di traduzione) - di “elementi” (...) visti da altri punti di vista, combinati in nuovi insiemi, che possono aprirsi a nuove, ulteriori letture e riorentare il nostro sguardo, fornendo un simbolico nutrimento quotidiano, ma anche un sentimento di maggior profondità, di meraviglia nei confronti della vita». Anche i momenti visionari del racconto («calpestiamo i detriti, i tavoli squarciati, gambe di tavolo divelte, piatti dappertutto, a pezzi...)» partecipano di questo viaggio negli infiniti che aprono verso altri infiniti, dove l’amore può essere un approdo imprevisto: alla fine uno degli undici uomini della tavolata italiana con fare galante si alza e raggiunge la scrittrice, invitandola «a fare due passi sulla spiaggia, il mare non è molto lontano». E un altro insieme prende forma. —

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