Callisto Cosulich, il critico ufficiale e gentiluomo che amava spiegare i film

Un ricordo appassionato a dieci anni dalla scomparsa. Nella Trieste americana del Tlt proiettava film sovietici

Paolo Lughi
Il critico triestino Callisto Cosulich
Il critico triestino Callisto Cosulich

Sulla polemica che oggi infuria nel cinema italiano sul tax credit, lui – ne siamo certi - avrebbe saputo esprimere il giudizio più informato e di buon senso. Stiamo parlando del grande critico cinematografico triestino Callisto Cosulich, uno dei più influenti di sempre in Italia (a più riprese recensore di questo giornale) di cui il 6 giugno ricorre il decennale dalla scomparsa, quand’era ancora lucidissimo e attivissimo nonostante i suoi 93 anni (era del 1922).

Era sempre stato un critico pragmatico, Cosulich, attento non solo all’estetica, ma anche ai numeri e ai fatti. Orientato non solo al commento, ma pure alle soluzioni dei problemi del cinema.

Nel 1957, ad esempio, aveva fatto rumore una sua memorabile inchiesta, "La battaglia delle cifre" sulla rivista "Cinema nuovo", che aveva introdotto il tema degli incassi nel dibattito culturale cinematografico, documentando l'insuccesso economico del Neorealismo e facendo notare quanto esso fosse rimasto di fatto un cinema d'élite.

Non a caso, Callisto preferiva autodefinirsi “operatore culturale” piuttosto che critico, lasciando serenamente lo scettro della qualità di scrittura all’amico di sempre Tullio Kezich: «Aveva una capacità narrativa che io non possiedo - disse di lui nel 2014 – era uno scrittore insomma». Callisto invece aveva dalla sua un’incomparabile capacità – che derivava da una propria personale necessità – di “spiegare” il cinema a tutti, di farlo conoscere e amare a un pubblico più vasto possibile, non necessariamente cinefilo.

Questa urgenza gli derivava probabilmente dal fatto che lui, rampollo di una delle più prestigiose dinastie marittime dell’Adriatico, i Cosulich appunto, avesse dovuto per primo innanzitutto “spiegare” a una cerchia familiare estranea al fenomeno, il proprio amore per il cinema maturato negli anni ’30 alle magiche proiezioni all’aperto al Giardino pubblico. Callisto aveva dovuto giustificare il suo abbandono universitario a due esami dalla laurea in ingegneria, per scegliere invece il cinema a tempo pieno e fondare nel 1947 a Trieste la Sezione Spettacolo del Circolo della Cultura e delle Arti, antesignano dei moderni cineclub.

La programmazione, lucidamente alternativa, che nella Trieste anglo-americana proiettava anche film sovietici, aveva il pionieristico obiettivo «di ospitare quei film che per qualsiasi ragione trovano vita difficile, se non impossibile, sugli schermi normali, soggetti al nostro insanabile provincialismo e conformismo».

Quando cocciutamente convocò i familiari alla proiezione de “La terra trema” di Visconti, da lui organizzata nella sala comunista del Cinema del Mare (oggi Miela), i Cosulich mormorarono: «Oddio, xe proprio Callisto che verzi la saracinesca!». Anche se alla fine lo zio più bonario commentò: «A mi le storie de pesca me piasi sempre».

Ma la scintilla della divulgazione per Cosulich era già scattata qualche anno prima, sempre in un contesto estraneo al cinema. Da giovane ufficiale in guerra, imbarcato sull’incrociatore Eugenio di Savoia, aveva ottenuto il singolare incarico di “movie officer”. La sera dell’8 settembre 1943 a La Spezia, dopo l’annuncio dell’armistizio e l’attesa di partire non si sapeva ancora per dove, sulla tolda della nave fece proiettare “L’eterna illusione” di Frank Capra.

Anche dopo il suo trasferimento a Roma nel 1950, e nonostante i libri (“Hollywood ‘70”, divenuto un classico) e le migliaia di articoli per quotidiani (“Paese Sera”, “Il Piccolo”) e riviste (“ABC”), Cosulich aveva sempre anteposto al ruolo di critico il suo essere divulgatore, promuovendo tra associazioni e festival la diffusione del cinema di qualità nel grande pubblico. Fu segretario dal 1951 dei Circoli del cinema, gestì dal 1959 il Quirinetta, primo cinema d’essai in Italia, curò memorabili cicli di film per la Rai (su Billy Wilder, la New Hollywood, il cinema giapponese) commentandoli per primo alla moviola, segnalò i Super8 dell’ancora ignoto Nanni Moretti al Festival di Cannes.

Chi ha conosciuto Callisto Cosulich lo ricorderà sempre. Alto, elegante, un po’ dinoccolato, ma soprattutto cordiale e aperto, sempre disponibile a chiacchierare con la sua naturale umanità e l’inconfondibile erre arrotata. Critico e operatore culturale, ufficiale e gentiluomo. —

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