Il Carso diviso: nostra signora della frontiera

Arriva nelle librerie il 17 agosto il nuovo romanzo dello scrittore Andrea Mella che racconta la storia di un “passeur”, trafficante di uomini sulla rotta balcanica

Pierluigi Sabatti
Il luogo del romanzo “Nostra Signora della frontiera” è un villaggio senza nome tra Carso triestino e goriziano Archivio Il Piccolo
Il luogo del romanzo “Nostra Signora della frontiera” è un villaggio senza nome tra Carso triestino e goriziano Archivio Il Piccolo

«Poi tirando la manica di Loris chiese, indicando per terra: “Italy? Italia?”. Loris ritrasse il braccio bestemmiando. “Yes, Italia”. Udendo la risposta, tutto il gruppo esultò abbracciandosi come per un gol della squadra del cuore. A dire la verità non erano ancora in Italia, ma a Loris sembrò di avergli somministrato un po’ di quella medicina che si chiama speranza e che serve per scarpinare sospinti dalla forza dell’entusiasmo. E poi mancava davvero poco al confine politico. Il confine geografico invece anche lui aveva smesso di ricercarlo. Tutto era limite, da quelle parti. Tutto era e non era frontiera, groviglio e labirinto».

Loris è un passeur, protagonista di questo magnifico romanzo di Andrea Mella “Nostra Signora della frontiera” (Bottega Errante Edizioni, 270 pagine, 17 euro) che sarà nelle librerie il prossimo 17 agosto.

Un romanzo che racconta, come solo la buona letteratura sa fare, un fenomeno tra i più complessi e atroci della nostra quotidianità: la migrazione, che viene sezionata nei suoi aspetti più vili con una scrittura ricca e avvincente.

Il narratore è Loris, cinquantenne solido, ma solo fisicamente, con un matrimonio e un lavoro in cui ha fallito, com’è accaduto anche a suo padre.

Un uomo tormentato, mai cresciuto e succube di una madre che è la vera “signora della frontiera”, perché, come svelerà a poco a poco l’autore, è lei quella che gestisce il traffico di esseri umani, salvando la sua famiglia dalla miseria.

La mamma è una insospettabile maestra elementare, molto rispettata in paese, un villaggio senza nome tra Carso triestino e goriziano, piegata e piagata dal diabete, che organizza tutto per telefono dalla sua poltrona, ma è Loris che guida i migranti attraverso i sentieri dell’altipiano che conosce in ogni anfratto, che sa driblare le guardie di frontiera, e confrontarsi con le organizzazioni che organizzano i transiti dei disperati che approdano alla rotta balcanica. Quella via crucis dove vengono picchiati, se va bene, derubati, ricattati dai poliziotti bulgari, macedoni, croati (tra i peggiori).

Spezzoni di storie che arrivano all’orecchio di Loris, raccontate dai suoi “partner”. Lui pare insensibile a quelle vicende, a quegli abiti abbandonati nella boscaglia, però gli ricordano che in quel territorio che “era e non era frontiera” c’erano stati gli episodi più cruenti della Grande Guerra in cui quegli “zucconi dei generali che si facevano la guerra si scannavano cercando di conquistare un cucuzzolo inutile, cento metri di pietre. Poveri coglioni, loro e quei babbei che gli andavano dietro”.

In Loris lentamente matura una consapevolezza della tragedia che lo circonda, consapevolezza che forse l’amore di Branka, breve ma intenso, gli istilla nel cuore. Anche se la donna lo lascia, dopo aver pure collaborato al triste traffico di esseri umani.

Ma è soprattutto l’incontro con due siriani Adnan e Nadir, padre e figlio costretti a fuggire lasciando lì la madre. Li conosce insieme ad altri disperati in una giornata terribile quando la natura con fulmini, tuoni, grandine e vento sembra essersi scatenata per impedire ai migranti di raggiungere l’Italia.

Il racconto di questa vicenda centrale nel romanzo e nella vita di Loris è così vivido che fa condividere al lettore la tragedia che sta maturando e che cambierà le vite dei protagonisti.

Un romanzo che fa riflettere sui migranti, dramma quotidiano che tocca la nostra città e che viene raccontato da Mella su entrambi i fronti, quello dei passeur e quello dei migranti. Dramma che viene ignorato da un’opinione pubblica distratta dalle difficoltà economiche, da un consumismo senza freni né logica e inebetita dai social e da tutte le tentazioni della rete. Dramma strumentalizzato da politici senza vergogna.

Mella riesce a stupire il lettore con un finale che non ci si aspetterebbe e che ovviamente non rivelerò.

Solo due note sull’autore: friulano, 1977, vive in provincia di Treviso, nel 2014 ha pubblicato “Marittimo Blues” reportage narrativo sulle genti di mare dell’Alto Adriatico.

Nel 2018 è uscita la sua prima raccolta di poesie “Il misantropo dei Sargassi”, cui sono seguiti altri lavori in prosa e in rima. Suoi lavori, in prosa o poesia, sono apparsi tra l’altro sulle riviste “Risme”, “Il Foglio Clandestino”, “Digressioni” e sul blog di poesia della Rai.—

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