Addio a Carlo Bergonzi, grande voce verdiana

MILANO. È stato Radames, Don Carlo, Manrico, Alfredo, il duca di Mantova, Ernani, anche Otello: uno dei più autorevoli interpreti del repertorio verdiano di tutti i tempi, Carlo Bergonzi, e ha cantato al fianco delle più raffinate voci liriche del '900, sotto la direzione dei più grandi, da Herbert Von Karajan a Riccardo Muti, nei maggiori teatri lirici del mondo.
La sua origine evoca il titolo di una celebre opera verdiana, “La forza del destino”: nasce infatti il 13 luglio 1924 a Polesine Parmense, a un chilometro soltanto da Villa Verdi di Sant'Agata. E sembra proprio una predestinazione. Pochi giorni fa aveva compiuto 90 anni. È morto nella notte di venerdì all'istituto Auxologico di Milano.
Lunga la sua carriera: voce verdiana sì, ma senza trascurare gli altri grandi, da Puccini a Leoncavallo, da Massenet a Ponchielli. Debutta nel 1947 a 23 anni nel teatro parrocchiale di Varedo, vicino Milano, come baritono, perchè su questa strada lo avevano avviato i suoi maestri del Conservatorio Arrigo Boito di Parma, ma si accorge ben presto che quello non è il suo destino. Nel 1955 interpreta “La forza del destino” diretta da Antonino Votto, insieme a Renata Tebaldi e torna alla Scala nel 1963 in una nuova “Aida” diretta da Gavazzeni, regista Zeffirelli, con un cast stellare. È il suo lancio definitivo. Da allora calca i massimi palcoscenici mondiali, a partire dal Metropolitan di New York, che il 4 dicembre 1981 organizza il 'Bergonzi galà per festeggiare i suoi 25 anni di carriera al Met.
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